COMUNICAZIONE 

Gentilissimo collega,

 Volevamo informarti che sul nostro sito in particolare sul link Servizi e News, alla voce “Scrivi con noi” potrai pubblicare lavori, articoli di interesse chinesiologico. Basta inviare gli elaborati alla segreteria nazionale che dopo averli visionati provvederà a pubblicarli. 

                                                ________________________

 Questa pagina vuole dare la possibilità a quanti hanno pubblicato dei lavori scientifici relativi al movimento Umano rivolto al Ben...Essere della persona, allo sport, alla ginnastica adattata e al tempo libero.
Una commissione valuterà i lavori prima della pubblicazione.

I contributi possono essere inviati all'indirizzo segreteria@unc.it

 

 

ELENCO DI LAVORI DEI SOCI:

 

L’IMPORTANZA DELL’UNIONE, IN UNA SESSIONE DI ALLENAMENTO DI FORZA, DEL LAVORO CONCENTRICO ED ECC

2022-05-03
 

 

 

In una sessione di allenamento di forza, risulta essere importante tenere in considerazione tre elementi fondamentali per poter allenare con efficacia ed efficienza i vari distretti muscolari su cui bisogna allenarsi:
 
     -  L’esercizio da svolgere (e quindi i muscoli reclutati da sottoporre in lavoro);
     - La biomeccanica del movimento con la relativa frequenza cardiaca di riferimento;
     - Il lavoro sull’attivazione neuromuscolare durante esercizio fisico (consapevolezza corporea).

 

In questo articolo, voglio soffermarmi principalmente sul terzo punto sottolineato, senza dimenticare che non è importante la quantità di ripetizioni o l’esecuzione dell’esercizio che risulta alla “moda” (ovvero ad esempio prendendo in considerazione il “Russian Twist” inserito spesso nelle pratiche di allenamento di forza), ma soffermandomi sulla qualità del movimento attraverso un processo di educazione base di riferimento (teniamo in considerazione che come target, molto spesso, si hanno persone con una minima base di consapevolezza del proprio corpo).

 

Su una vasta offerta di persone che decidono di intraprendere questo percorso e quindi di affidarsi ad un Chinesiologo di riferimento, risulta di notevole importanza lavorare sul grado di reclutamento neuromuscolare autonomo in maniera sana e graduale senza ricorrere ad estremi esercizi dove molto spesso, anziché reclutare i muscoli su cui lavorare, si tende a caricare la modalità esecutoria e quindi interferendo sulla biomeccanica del movimento, ottenendo il risultato opposto: coinvolgere quelle zone muscolari che  sono retratte e che andrebbero invece essere sottoposte ad un lavoro di allungamento muscolare attraverso il lavoro isometrico per apportare una maggior circolazione sanguigna e ripristinare quindi non solo la biomeccanica ma anche la fisiologia del corpo, anziché stravolgere la biomeccanica del movimento senza nessuna chiarezza sull’importanza dell’attivazione neuromuscolare specifica coinvolta.

 

 

 

Un buon risultato sull’efficacia di un allenamento di forza, oltre che tenere in considerazione durata (sia come ripetizione o come tempo) e riposo, deve saper sfruttare la massima capacità di grado di reclutamento neuromuscolare sia durante un lavoro di tipo concentrico sia eccentrico (sia a corpo libero sia invece con pesi specifici).

 

 
In entrambi i casi di lavoro, oltre che un’adeguata biomeccanica, partendo sempre da una situazione base in modo da non stressare altri muscoli non necessari, importante è saper comunicare in maniera chiara ed efficiente sul come esplicare questo tipo di lavoro basato sul principio tensione-rilassamento.

 

 
Il concetto chiave è che, in entrambi i tipi di lavoro, la resistenza al peso applicato (in direzione contraria), risulta essere il principio fondamentale su cui lavorare.

 

 Questo principio è importante sottoporlo attraverso un grado di ascolto corporeo in due modalità:

 

 Percependo la tensione durante l’atto esecutorio del movimento;
  • Percependo il calore e il grado di affaticamento post esercizio.

 

Concludendo infine, importante è anche l’esecuzione lenta e graduale del movimento che si collega al primo punto sulla percezione della tensione durante l’atto, una base biomeccanica dell’esercizio da sottoporre alla persona senza stravolgere e stressare altri distretti muscolo-scheletrici non importante come fine di raggiungimento dell’obiettivo educativo-motorio : trasmettere l’importanza di un buon grado di reclutamento neuro-muscolare durante un esercizio che coinvolga il lavoro concentrico ed eccentrico.

_________________

PUBBLICAZIONE RICERCA SCIENTIFICA EFFICACIA DEGLI ESERCIZI GINNICI CON FOAM BALLS NELLE ALGIE OSTEO

2022-02-28

 

PUBBLICAZIONE RICERCA SCIENTIFICA

 

EFFICACIA DEGLI ESERCIZI GINNICI CON FOAM BALLS NELLE ALGIE OSTEOARTICOLARI

 

 Dott.ssa Anna Rita Cleri in collaborazione con il Dott. Bruno Feudale ed il Dott. Francesco Cento

 

Sede ricerca: Centro fitness PUSH UP Roma

 

 

Parole chiave: foam balls, ginnastica posturale, esercizi ginnici, algie osteoarticolari, benefici.

 

 Contatto dell’autore: annaritacleri@yahoo.it

 

PER VISIONARE LA'RTICOLO CLICCA QUI


_________________

 

RICERCA SCIENTIFICA “FOAM BALLS PONTE TRA MENTE E CORPO” Dott.ssa Anna Rita Cleri CHINESIOLOGA

2021-08-11

 

RICERCA SCIENTIFICA
“FOAM BALLS PONTE TRA MENTE E CORPO”
Dott.ssa Anna Rita Cleri
CHINESIOLOGA

 

Clicca qui per scaricare la ricerca.

_________________

 

 

ESERCIZIO FISICO ISOMETRICO FUNZIONALE AL RISTABILIMENTO MUSCOLARE NELLA ZONA LOMBO-SACRALE

2021-07-14

 

ESERCIZIO FISICO ISOMETRICO FUNZIONALE AL RISTABILIMENTO MUSCOLARE NELLA ZONA LOMBO-SACRALE - Dott.ssa Mariangela Smimmo
 
Una delle zone muscolo-scheletriche maggiormente colpite dalla sensazione di dolore è la fascia lombo-sacrale.
 
In particolar modo, questa sensazione dolorosa se non prevenuta attraverso una sana rieducazione posturale e con un lavoro muscolare funzionale al ripristino del mantenimento di una efficiente condizione di benessere psico-fisico, crea nel tempo una condizione di costante tensione causata da un perpetuarsi di sovraccarichi muscolari con una serie di situazioni ben note da chi ne è colpito come: dolore muscolare e vertebrale, dolore sacro-iliaco, lombosciatalgia.
 
 
 
Un protocollo da adottare in queste condizioni è innanzitutto quello di creare una situazione di comfort per la persona che inizia un percorso rieducativo dove non prevede carichi di lavoro in posizione eretta ma prediligendo la posizione supina e prona (ciò per non creare ulteriore tensione al sistema muscolo-scheletrico che strutturalmente e fisiologicamente già crea stando in posizione eretta).
 
Una seconda condizione da tenere presente mentre la persona è nella posizione assunta è quello di creare una situazione di benessere psico-fisico rilassando il corpo attraverso una buona e guidata respirazione diaframmatica che stando in queste posizioni dove la persona è passiva, ne facilita il rapido raggiungimento.
 
Ciò permette nel breve termine una buona ossigenazione dei tessuti, una diminuita tensione vascolare e muscolo-tendinea con una efficiente e rapida risposta al tipo di lavoro che si andrà a somministrare successivamente.
 
Nelle fasi di lavoro funzionali, gli esercizi utili sono quelli che vanno a creare una situazione di micro-stress dall’interno senza creare situazioni di movimenti dinamici visibili dall’esterno.
 
Un lavoro di calibro tra pressione-rilassamento mantenuto nel tempo dove il tempo è stabilito dalla percezione dello sforzo della persona.
 
Tale lavoro viene distribuito nelle seguenti zone dalla posizione supina:
 
  • Piedi
  • Glutei
  • Diaframma
  • Spalle
  • Collo
E dalla posizione prona le seguenti zone:
 
  • Cosce posteriori
  • Addome
  • Spalle
Ciò consente nel breve termine di creare condizioni percepibili attraverso uno stato di “minore tensione e leggerezza” nella parte colpita dal dolore in quanto l’esercizio isometrico crea una situazione di vascolarizzazione nelle parti lavorate riducendo l’eccessivo carico di lavoro sulla fascia lombosacrale.
 
Un tipo di lavoro nel tempo crea un circuito di feedback sensomotorio che porta ad una condizione di maggior consapevolezza e reattività dei distretti muscolari coinvolti, prevenendo e riducendo rischi di eccessivi sovraccarichi nella zona colpita anche durante la posizione eretta e mentre si svolgono gesti motori quotidiani.


_________________

 

WOOD BATHING : MOVIMENTO E SPORT ALL’APERTO NELLA PINETA DEL VILLAGGIO ROCCHETTE DI CASTIGLIONE D

2021-06-30

 

WOOD BATHING : MOVIMENTO E SPORT ALL’APERTO  NELLA PINETA DEL VILLAGGIO ROCCHETTE

DI CASTIGLIONE DELLA PESCAIA ( Toscana ) . Nuova frontiera della chinesiologia : EFFICACE STRATEGIA PER FAR FRONTE AL COVID”

 

Prof. Sergio Trandafilo

Docente e Ricercatore Universitario

Responsabile della ricerca

Conduttori: Anna Trandafilo ,Rita Mariani

Team di collaborazione e di riferimento scientifico : J. Le Boulch (psicocinetica) ; B. Aucouturier ( pratica psicomotoria) C. H. Delacato ( organizzazione neurologica dell’apprendimento psicomotorio)  

 

Sommario.

Lo scopo della ricerca è stato quello di verificare gli effetti positivi del Metodo “ Wood Bathing “, sul sistema cognitivo, emotivo, sociale e immunitario. La ricerca è stata elaborata e sperimentata in senso longitudinale nella pineta del villaggio Rocchette su 297  bambini e famiglie negli anni 2020/ 2021.

A tale scopo il team di ricercatori ha predisposto un programma di attività motorie e sportive attraverso percorsi tematici e sentieri nell’ambiente della pineta.

 

 

PAROLE CHIAVE

Riduzione dell’ansia e dello stress.

Rilassamento.

Apnostress e effetti cardio circolatori.

Socializzazione interattiva con gli altri.

Divertimento.

 

WOOD BATHING OUTDOOR MOVEMENT AND SPORT IN THE “ROCCHETTE VILLAGE “ PINEWOOD IN CASTIGLIONE DELLA PESCAIA (TUSCANY)

NEW FRONTIER OF CHINESIOLOGY EFFECTIVE STRAGE GY TO DEAL WITH COVID

Abstract.

The aim of the research was to verify the positive aspect of the “ Wood Bathing “ metod about the cognitive, emotional, social and immune system. The research was developed and tested longitudinaly on 297 children in the pine wood of the “ Rocchette Village “ in the years 2020/2021. For this purpose,  the team of reseachers has prepared a motor and sports activity program thraugh  tematic pathsand and trails in the pine forest.

KEYWORDS

Anxiety and stress reduction

Relaxing

Apnostress and cardis- vascular effects

Interactive socialization

Amusement

 

                                         INTRODUZIONE

 

E’ opinione diffusa che “l’immersione nella natura” produce effetti benefici sul corpo e sulla mente. I vantaggi di questa pratica, hanno sollecitato studi e ricerche in tutto il mondo. Si è scoperto che  “l’immersione nella natura”, apporta benefici perché: riduce l’ansia e lo stress, migliora l’umore, le capacità  cognitive e linguistiche , la funzionalità del cuore, il controllo delle emozioni e del sistema immunitario ( tanto debilitato dalla pandemia).

Le sperimentazioni hanno fornito i parametri scientifici, misurabili e ripetibili nel tempo che hanno consentito ai ricercatori di tradurli nel metodo “Wood Bathing , da sperimentare.

La ricerca è stata elaborata con la metodologia longitudinale nell’anno 2020/2021 su un campione di 297 bambini di cui 113 femmine e 184 maschi e le relative famiglie nel villaggio Rocchette di Castiglione della Pescaia (Toscana).

 

                                 FINALITA’ E OBIETTIVI DELLA RICERCA

Si è messo in campo un team di ricercatori ( medico sportivo, psicologo, osteopata, una equipe di chinesiologi e personal trainer), che ha elaborato un programma di attività guidate e percorsi green per i gruppi di bambini e famiglie. Gli obiettivi raggiunti sono i seguenti:

  1. Facilitare il controllo emozionale e dello stress con le tecniche di rilassamento basate sull’apnostress di M. De Lellis, L. Mosca,   F. Vantaggiato ( dell’università dell’Aquila, e di Scienze Motorie di Roma )
  2. Migliorare la funzionalità cardio- circolatoria mediante esperienze aerobiche;
  3. Training di tonificazione per la muscolatura delle spalle, braccia, schiena e gambe, addominali e glutei. Training per migliorare la flessibilità e la postura . Fitness Walking. Lezioni di total body, pilates, yoga, zumba, ginnastica dolce, Hiit, cardio training, mountain bike .

 

                                         METODI E MATERIALI

In via preventiva tutti i bambini e le famiglie, oggetto della sperimentazione, sono stati sottoposti a valutazione medica, prime rilevazione di base, on line,  per accertare le condizioni psico – fisiche di partenza e le loro attuali possibilità di svolgere attività fisica e sportiva senza sforzi eccessivi.

Analogamente le stesse persone, sono state sottoposte ai seguenti test di valutazione prima e dopo la sperimentazione:

test e diario dei progressi compilato dai bambini e dai genitori per correlare i progressi delle attività svolte; test di valutazione dello stress: strumento - Fondazione U. Veronesi;  test di benessere generale ( G.V.B.S.) per il controllo dell’ansia e dello stress; test cognitivi: le Scale Wechsier per adulti: Scale ordinali di UZGIRIS- Hunt con riferimento alla teoria di Piaget; test di valutazione per la resistenza muscolare; valutazione della capacità aerobica, e cardio respiratoria :Strumento Circuit Aerobic Training. Valutazione dell’ossigenazione :   Strumento – Saturimetro.; test sulle emozioni: Strumento, questionario “come usi le emozioni “ della Dr.ssa Giuliana Proietti; test griglia per la rilevazione delle performance psicomotorie di M. Vecchiato.

 

ANALISI E INTERPRETAZIONE DEI DATI

 

I dati sono stati sottoposti ad analisi statistica unitamente ai risultati dei questionari e dei test psicologici. I risultati ottenuti elaborati dal computer, hanno permesso ai ricercatori di definire le seguenti conclusioni.

 

                                                            CONCLUSIONI

Dall’analisi dei dati elaborati alla fine della sperimentazione del metodo Wood Bathing , i ricercatori hanno ricavato le seguenti conclusioni:

  1. il dato più importante emerso è che per ottenere gli effetti positivi , non basta la semplice “immersione nella natura” ma è necessario un tempo di 120 minuti, al di sotto del quale, gli effetti benefici non si manifestano in modo tangibile. La stessa cosa è stata evidenziata sui bambini anche quelli più piccoli
  2. I benefici non provengono soltanto dall’ esposizione di 120 minuti, ma anche dalla pratica delle attività motorie e sportive programmate nella pineta.
  3. Gli effetti benefici cognitivi, ottenuti dall’applicazione del metodo, evidenziano parametri riferiti ai valori della memoria, della concentrazione, della partecipazione e del rendimento nelle attività di laboratorio ( grafico, pittorico, creativo, musicale e manuale, teatrale e mimica), nell’ordine del 94 % del campione esaminato.
  4. L’ elaborazione dei dati del test sulle emozioni, somministrato, hanno registrato una maggiore stabilità emotiva in tutti i bambini con valori di positività del 78,6% nelle femmine e del 71,2 % nei maschi. Negli adulti si è evidenziato un miglioramento della disponibilità nei rapporti interattivi sia con i figli che con le altre famiglie. Analogamente si sono riscontrati miglioramenti sia negli adulti che nei bambini per l’effetto degli odori e profumi che si sprigionano dagli alberi e dalle foglie delle piante e dal terreno.
  5. Dall’elaborazione dei dati del test della Fondazione Veronesi e del questionario GWBS, per misurare lo stress e la salute mentale, è emerso un valore di benessere  del 55% e un miglioramento dei problemi di stress con riduzione del cortisolo dal valore massimo registrato prima della sperimentazione, al valore medio; alla fine della stessa sia sui bambini che sulle famiglie
  6. I ricercatori hanno registrato effetti positivi, sull’apparato cardio – respiratorio con gli strumenti di controllo della pressione sanguigna e del battito cardiaco. Si sono evidenziati valori più stabili dopo la sperimentazione e un valore di ossigenazione migliorativo che dal 95% tendeva  progressivamente al 100%: strumento di misurazione saturimetro.

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

J. Rousseau : “ Le fantasticherie del passeggiatore solitario” Ed. 1776

G.Cilia- S. Trandafilo et Al. “ L’educazione motoria nella scuola Elementare. Ed. Società Stampa Sportiva 1985.

M. De Lellis : “ Apnostressterapia “ Ed. Verducci 1994

S. Trandafilo, F. Vantaggiato “ Effetti dell’educazione psicomotoria bimodale per lo sviluppo sociale ed emozionale nell’ infanzia”. Ricerca presentata al Congresso Europeo dello Sport e delle Scienze Motorie. Roma 1996.

S. Trandafilo- P: Cruciani : “ Analisi sui differenti criteri diagnostici del ADHD (Attention deficit hiperactivity) attraverso il colloquio psicologico: Università di psicologia LUMSA Roma Anno 2006.

D. Bowler et Al. “ Sistematic Reveew of Evidence for the Addet Benefit to Health ofExposure to Natural Environments in “ BMC Public Health vol. 10 pag. 466. Anno 2010

Donna Farhi: “ Il grande libro del respiro”. Ed. MACRO. Cesena 2018.

M. Gadgil . “ Boschi sacri “. Le Scienze 2019

T. Similowski.“ Il respiro intelligente” Le Scienze. Maggio 2019.

F. Meneguzzo – F. Zabini : “ Terapia forestale “. Ed.Club Alpino Italiano .Anno 2020

Jeannine Cavender – Bares. Docente Università del Minnesota. Le Scienze. Anno 2021.

 
_________________
 
 

ARTICOLO DOTT. EMILIO PESCE.

2020-11-18

 

IL SISTEMA MIOFASCIALE 

 

Il sistema miofasciale forma una rete estesa di tessuto connettivo che avvolge i muscoli del corpo dividendoli in unità connettendo tutte le varie parti del nostro organismo compresi i vari organi svolgendo un ruolo fondamentale per il nostro organismo. 

 

Esso continua all’interno dei gruppi muscolari e dei singoli muscoli tramite espansioni profonde: epimisio, perimisio, endomisio 

 

andando dall’esterno verso l’interno

 

(Turrina et al, J Bodyw Mov Ther, 2013).

 

L’endomisio avvolge e connette le singole fibre muscolari ed ha un ruolo strutturale e funzionale durante la contrazione.

 

Il perimisio avvolge il fascicolo muscolare, svolge un ruolo di contenimento, rende parzialmente indipendenti i fascicoli, connette le fibre sinergiche trasmettendo le forze verso il tendine e funge da inserzione.

 

L’epimisio avvolge l’intero muscolo, svolge un ruolo di contenimento, trasmissione delle forze, scorrimento e accampamento di strutture vascolo-nervose.

 

La fascia ha delle proprietà recettoriali ben identificate grazie alla presenza di recettori nervosi di nome Pacini e Ruffini dando alterazioni propriorecettoriali oltre a fornire risposta  sul movimento (Brumagne et al, 2003 Stecco et al, 2010)

 

il sistema miofasciale come ben scritto all'inizio riveste un ruolo strutturale e funzionale nel nostro organismo perché ad ogni contrazione muscolare corrisponde una risposta da parte delle strutture tendinee e del sistema fasciale che coordinano il movimento, mentre i muscoli rispondono a spinte forti, la fascia risponde a un tocco molto più delicato. 

 

Esso forma così una rete continua dalla testa ai piedi ed un problema in qualsiasi parte del sistema può portare ad effetti di grande estensione in altre parti del corpo e questo aiuta a spiegare dolori apparentemente inspiegabili di molte persone. 

 

Molto spesso i sintomi dolorosi succedono in quelle che potrebbero essere considerate regioni del corpo senza avere  nessun rapporto.

 

 

 

LE CATENE CINETICHE 
 
“Il contributo di ciascun muscolo cambia continuamente all’interno di un compito motorio, così da rendere  la discussione circa quale sia quello più importante una semplice osservazione transitoria che si evolve nel tempo”. 
Ci piace partire da questa chiara e coincisa definizione di McGill del 2003 per parlare di catene muscolari . 
Ogni volta che ci muoviamo o SOPRATTUTTO ogni volta che compiamo un gesto atletico, possiamo renderci conto di come il nostro corpo sia un perfetto esempio di armonia.
Thomas Myers è stato probabilmente il più creativo a far capire cosa sono le catene muscolari, è per questo che vogliamo rivisitare il suo concetto di “treni anatomici”: siamo sicuri che chi legge riuscirà così a costruirsi un’immagine mentale che non dimenticherà facilmente!
Pensiamo ad ogni muscolo come ad un vagone di un treno. 
Tra un muscolo e l’altro ci sono degli snodi mobili, a loro volta legati alle ossa, che Myers chiama “stazioni” per farne cogliere la stabilità rispetto agli snodi. Ecco dunque che le catene muscolari appaiono come tracciati percorsi dai treni e può capitare che si uniscano e divergano tra loro, un po’ come succede proprio negli scambi ferroviari. 
Le catene muscolari danno vita a sistemi più complessi chiamati catene cinetiche, che sono dei sistemi composti da segmenti rigidi uniti tramite giunzioni mobili definiti snodi. 
Oltre al mantenimento dell’armonia del corpo, possiamo riconoscere altre tre funzioni alle catene muscolari:
- proteggono gli organi e i tessuti che avvolgono.
- contribuiscono all’equilibrio dei fluidi sanguigni e linfatici.
- influenzano le funzioni nervose.
Ma quali sono le principali catene muscolari?
- LINEA SUPERFICIALE POSTERIORE (LSP): connette l’intera superficie posteriore del corpo dal fondo del piede fino alla cima della testa; la sua funzione è quella di supportare il corpo nella piena estensione, prevenendo la tendenza a curvarsi nella flessione; nella fase di movimento, in quanto ad estensione, le ginocchia rappresentano una chiara eccezione.
- LINEA SUPERFICIALE FRONTALE (LSF): connette l’intera superficie anteriore del corpo dalla punta dei piedi ai lati del cranio; ha il compito di bilanciare la LSP, mantenendo l’estensione posturale delle ginocchia; crea inoltre flessione del tronco e delle anche e dorsiflessione dei piedi.
- LINEA FRONTALE PROFONDA: è interposta tra la LSP e la LSF, avvolta dalla spirale; supporta il corpo, stabilizzando ciascun segmento e bilancianDo gli spostamenti.
- LINEA SPIRALE: si arrotola attorno al corpo come un’elica con la funzione di creare spirali e rotazioni.
- LINEE DEL BRACCIO: sono quattro e si occupano di tutti movimenti degli arti superiori.
- LINEE FUNZIONALI: estensioni delle linee del braccio attraverso la superficie del tronco fino alle pelvi e alla gamba controlaterale; hanno la funzione di stabilizzare determinate posture.
- LINEA LATERALE (LL): attraversa ciascun lato del corpo e posturalmente bilancia il piano anteriore col posteriore e bilateralmente la destra con la sinistra.
 
 
LA LOGICA DEL MOVIMENTO. 
 
E se il segreto fosse nel movimento?
Nell’epoca della tecnologia esasperata e dei chili in eccesso, delle ansie e delle depressioni, dell’abuso di farmaci e psicofarmaci, dell’uso della macchina anche per fare 2 km…prima che scientificamente, dal punto di vista logico, possiamo chiedercelo: e se il segreto fosse nel movimento?
Perché si parla di logica? 
Perché tutti abbiamo una testa e tutti abbiamo sicuramente percepito, almeno una volta nella nostra vita, di stare meglio quando facciamo funzionare le nostre gambe che sia per una passeggiata o per uno sport vero e proprio.
Possiamo quasi considerare il movimento al centro della vita dell’uomo, perché è proprio uno stile di vita attivo il viatico per la risoluzione di tanti altri problemi.
Oltre ai benefici che riguardano la salute fisica, bisognerebbe iniziare (o continuare) a muoversi per i vantaggi che si ottengono a livello psicologico:
- si mangia meglio, dopo aver speso energia.
- si dorme meglio, perché finalmente il nostro cervello “accetta di spegnersi” percependo quella stanchezza piacevole del nostro corpo.
-si pensa meglio, si è più brillanti e lucidi e si affrontano i problemi quotidiani con più razionalità ed ottimismo.
-si hanno migliori performance sessuali, diciamolo pure.
-si combatte la pigrizia, perché muoversi aiuta a muoversi, considerando che il nostro corpo vuole quello a cui lo abituiamo.
-ci si sente in forma, in primis mentalmente.
Potremmo spiegare tutto ciò da un punto di vista scientifico, ma rimandiamo questo approccio ad un nuovo articolo, perché in fondo capire le cose con la logica e l’esperienza ci piace di più, perché la teoria senza la dimostrazione pratica vale poco, scienza o non scienza.
Insomma l’uomo è fatto per muoversi, camminare, saltare, correre.
La sedentarietà ci fa perdere quei meccanismi che hanno a che fare con l’uso dell’energia, facendoci diventare sempre meno prestanti ed attivi e provocando un’accelerazione dei processi di invecchiamento.
Anche solo venti minuti di attività fisica giornaliera sono sufficienti ad attivare i naturali meccanismi di depurazione e ossigenazione dell’organismo. 
Per cogliere le caratteristiche e l’intensità che deve avere la propria attività fisica bisogna testare caso per caso, bisogna essere consapevoli, come dire, di quale sia il proprio “attuale livello di movimento” …e non solo!
 
 
LA POSTURA 
 
Tra gli aspetti negativi insiti nella generalizzazione dell’allenamento che “va in onda” nelle palestre è impossibile non citare quello che riguarda l’incuria di potenziali problemi posturali.
Si pensa quasi esclusivamente a mettere su muscoli come delle macchine da guerra, tanto da trascurare qualcosa che potrebbe diventare una vera e propria croce per la propria salute.
 
Ma cos’è la postura? E’ la posizione che il corpo assume nello spazio, adattandosi alla forza di gravità che tende a portare il corpo stesso verso il suolo o, detto in termini meno scientifici, la posizione che assumiamo di volta in volta per adattarci a diverse situazioni della nostra vita. 
E perché esistono numerosi fastidi, problemi o dolori (algie) dovute ad una postura scorretta?
Fin dall’infanzia per fattori ereditari, ambientali ma anche caratteriali ed emotivi prendiamo l’abitudine di assumere posizioni scorrette. Oppure cresciamo bene da questo punto di vista ma poi, in accordo con le abitudini sociali di massa, utilizziamo con frequenza scarpe troppo alte o troppo basse, rimaniamo ore ed ore seduti di fronte ad un computer o, più in generale, piombiamo nel vortice della pigrizia e della sedentarietà, che con le posizioni scorrette vanno a braccetto.
Non si pensi però che non ci sia modo di procurarsi dei danni anche con lo sport!
 
Torniamo a pensare alle palestre e in particolare agli esercizi mal eseguiti o agli allenamenti con carichi eccessivi che conducono a stress e a ipertonicità muscolare.
Se solo ci si mettesse in testa che la salute viene prima dell’allenamento e che quest’ultimo deve essere programmato in funzione della salute stessa, si eviterebbero tanti errori!
 
Meno male che gli errori posturali, a loro volta, possono essere contrastati da precise schede di allenamento, dopo un' attenta valutazione delle abitudini e dei problemi del soggetto, dopo precisi test e dopo l’elaborazione di un determinato protocollo.
Se non si fanno prima le cose per bene, bisognerà farle dopo, per forza.
 
 
 
 
LA VIGORESSIA: QUANDO ALLENARSI DIVENTA UN’OSSESSIONE.
 
Dobbiamo allenarci, non dobbiamo iper-allenarci!
Come in tutte le cose nella vita, la linea tra il piacere e la dipendenza può essere sottile.
Nel settore dell’esercizio fisico si usa un termine preciso: vigoressia!
Si tratta a tutti gli effetti di un’ossessione, quella cioè di avere un fisico perfetto, e come tutte le ossessioni, essa persiste anche quando il fisico perfetto (o quasi, per le proprie potenzialità) lo si ha davvero!
 
Questa abitudine maniacale, chiamata anche bigoressia o sindrome di Andone, porta man mano a perdere il vero piacere dell’allenamento, sostituendolo con la voglia di strafare.
Va dunque a morire la bellezza dell’allenamento in sé, mentre si è concentrati sempre su un obiettivo successivo rispetto a quello appena raggiunto. 
Ogni muscolo deve essere meglio definito, a qualsiasi costo, e non è un modo di dire.
Il vigoressico, seppure obiettivamente appaia agli altri “fisicamente muscoloso e ben definito” non si piace mai abbastanza e si sente addirittura esile, ha una visione distorta del proprio fisico, dunque rincorre spasmodicamente l’assunzione di sempre più proteine e, nei casi più gravi, arriva a prendere degli anabolizzanti.
 
Il paradosso è che finisce per “nascondere” il suo fisico per la maggior parte del tempo dentro ad una palestra, rinunciando spesso ad altri aspetti della vita sociale, per continuare a far uso della sua droga: l’allenamento. 
Il vigoressico dunque spende la maggior parte dei suoi soldi in prodotti utili (anche quando dannosi) a metter su muscoli e finisce per isolarsi dal resto del mondo.
Secondo alcuni studi psicologici, tutto ciò deriverebbe  da un problema di scarsa autostima e insicurezza dal punto di vista fisico e da un forte desiderio di accettazione sociale, anche se poi il soggetto finisce per non vivere in mezzo alla società.
Ogni sportivo probabilmente ha conosciuto un maniaco della perfezione fisica nella propria vita.
 
Tramite questo articolo GET IT DONE ha voluto portare alla luce un problema che non si deve sottovalutare.
Sì all’allenamento consapevole, no alla vigoressia!
 
 
                                                                           _________________

ARTICOLO DOTT. MATTEO FRANCOLINI

2020-06-15

 

ARTICOLO

TITOLO: Meccanotrasduzione: un processo biologico inteso come strumento in programmi di esercizio fisico adattato supervisionato nel soggetto cardiopatico.

DOTT. MATTEO FRANCOLINI

 

_________________

 

ARTICOLO: COME CAMBIA LA POSTURA DOPO UN TUMORE AL SENO. DOTT.SSA MONICA GUIDI.

2020-04-23

 

TITOLO: COME CAMBIA LA POSTURA DOPO UN TUMORE AL SENO

Dott.ssa Monica Guidi Chinesiologa-Posturologa

Oggi si parla molto di Postura, ma cosa si intende davvero con il termine postura e quali relazioni può avere col tumore al seno?

Cos’è la postura

È un insieme di adattamenti che il nostro corpo assume per mantenere l’equilibrio, sia in posizione statica che in movimento.

La scienza che osserva la postura viene definita Posturologia, i primi a dedicarsi a questa branca della medicina alternativa che studia il rapporto fra posizione del corpo e dolori, furono Baron (1956) e Tadashi Fukuda (1959), a metà degli anni 50, i quali introdussero i primi concetti concreti di postura, di equilibrio posturale e delle condizioni fisiologiche che lo rendono possibile.

A seconda che si cammini, si stia in piedi o seduti, il corpo umano fa appello a meccanismi di equilibrio definiti recettori (porte d’ingresso), con capacità di controllare il nostro corpo. I recettori principali sono: occhi, intesi soprattutto come alterazioni della vista, bocca (apparato stomatognatico) - occlusione, masticazione e deglutizione, piedi – appoggio plantare e orecchio (apparato acustico-vestibolare) – per la gestione dell’equilibrio.

La postura può però essere influenzata anche da altri fattori, definiti recettori secondari, quali il carattere di una persona, lo stato emotivo, eventuali traumi psicologici e dell’apparato scheletrico (fratture, distorsioni ecc.), le malattie sistemiche e le cicatrici di tipo traumatico o chirurgico.

Tutto questo agisce sul nostro corpo.

Negli ultimi anni, quello della postura è diventato un argomento molto dibattuto ed ha ottenuto una grande rilevanza in molte discipline mediche, tradizionali e complementari: fisiatria in primis, ma anche in ortopedia, in oculistica (ortottista), in podologia, in gnatologia (dentista), in chinesiologia (laureato in scienze motorie), in osteopatia … tanto per citarne alcune.

Attualmente non esiste un titolo che identifichi la figura del Posturologo pertanto, con questo termine, si indica un professionista con formazione accademica in una delle discipline sopra citate, che abbia anche frequentato un master universitario o un percorso di studi formativo equipollente, post-laurea.

Lo scopo del master è quello di creare, attraverso lo studio della postura, un linguaggio comune ad una rete di specialisti differenti in modo da poter collaborare, per la salute del paziente che viene valutato nella sua globalità, e non rispetto ad un sintomo.

Le patologie che possono derivare dall’assunzione di una postura scorretta sono numerose e ben conosciute: mal di schiena, artrosi, sciatica, lombosciatalgia, lombalgia, disturbi della colonna vertebrale come discopatie cervicali e lombari, ernie, scoliosi, tendiniti, vertigini, ma anche mal di testa, bruxismo o malocclusione ecc.

Non bisogna però dimenticare che il sistema tonico-posturale è gestito dal sistema sotto-corticale  che non dipnde dalla volontà, ed in quanto tale può e deve essere interpretato e valutato anche come possibile risposta ad una specifica situazione, condizione o patologia…

 

Tumore al seno

Il tumore al seno costituisce un problema di grande rilevanza sociale, data l’incidenza.

Statisticamente esso è annoverato tra le neoplasie maligne più frequenti fra le donne di tutte le età ed è la principale causa di morte nella popolazione femminile oltre i 35 anni. Non esclude gli uomini che, seppure occasionalmente, possono sviluppare questa malattia.

Fortunatamente negli ultimi 25 anni la mortalità nei paesi occidentali è progressivamente diminuita e, ad oggi, la percentuale della positività di cura è piuttosto elevata: si parla del 90% di guarigioni quando la malattia viene scoperta in fase iniziale).

Questo traguardo medico ha portato all’esigenza di rivolgere l’attenzione agli esiti del post-intervento o terapie, alle eventuali complicanze, alla loro gestione e, più in generale, alla necessità per il soggetto di raggiungere e mantenere una buona qualità di vita dopo aver contratto un tumore al seno.

Giusto per capire un po’ di più di ciò che una paziente colpita da tumore al seno può trovarsi ad affrontare…

Le complicanze post-chirurgiche sono da ricondurre essenzialmente a lesioni nervose, vascolari, muscolari o articolari prodottesi durante l’intervento chirurgico: si tratta di deficit funzionali motori che richiedono una precoce e adeguata terapia fisica e motoria riabilitativa e rieducativa in seguito.

 

Le principali lesioni con i relativi esiti tardivi post-mastectomia sono:

– Lesione dei nervi pettorali: diminuzione del muscolo pettorale.

– Lesione del nervo toracico lungo: può provocare la «scapola alata».

– Lesione del nervo toraco-dorsale: determina una modesta difficolta di piegare e ruotare il braccio.

– Lesione dei nervi intercostobrachiali: mancanza di sensibilità della pelle a livello dell’ascella e parte interna del braccio a volte fino al polso.

– Lesioni infiammatorie osteo-articolari: infiammazioni della spalla in genere determinata da mal posizionamento del braccio sul letto operatorio e responsabile di dolenza durante i movimenti di abduzione e di rotazione interna ed esterna del braccio.

–Cambiamento della sensibilità: perdita o riduzione della sensibilità, intorpidimento o sensazione di freddo, debolezza del braccio; maggiore sensibilità al tocco o alla pressione, sensazione di bruciore o prurito, formicolio e dolori alle ossa.

–Rischi e complicanze della spalla e braccio: a tutt’oggi l’articolarità della spalla viene trascurata dopo gli interventi di mastectomia. Rispetto al passato i chirurghi sono più attenti e il più possibile conservativi. Si cerca sempre di limitare l’asportazione al minimo indispensabile e si lavora in modo estremamente curato sul recupero dell’estetica, soprattutto se la donna è giovane. Ecco che capita di vedere cicatrici stupende quasi invisibili, ma spalle e talora anche gomiti decisamente bloccati.

Il chirurgo stesso ha timore che la mobilizzazione possa danneggiare il risultato chirurgico sul fronte estetico. Si tende quindi a lasciare che il recupero avvenga gradualmente e spontaneamente, mettendo in secondo piano la possibilità che la spalla della paziente resti ipomobile oltre che dolente. 

Questo perché il braccio operato tende a restare contratto in un atteggiamento di protezione del seno.

 

– Esiti posturali: consistono in posizioni e movimenti scorretti, di adattamento e di compensazione, soprattutto a carico della spalla e dell’arto superiore e dell’emitorace, dallo stesso lato della linfoadenectomia (asportazione dei linfonodi), spesso con coinvolgimento anche del rachide cervicale e dorsale.

 

–Complicanze terapiche: anche le terapie come la Chemioterapia e Radioterapia ma ancor di più l’ Ormonoterapia agiscono sulla postura della donna:

Complicanze Chemioterapiche: shock anafilattici, nausea, vomito, febbre, stomatiti, depressione, diarrea con perdita dei riflessi, tossicità renale.

Complicanze Radioterapiche: limitazioni dei movimenti (nella zona irradiata a seconda dell’entità), LINFEDEMA (per aumento del ristagno linfatico)

Complicanze Ormonoterapiche: menopausa indotta farmacologicamente o chirurgica (ovariectomia asportazione delle ovaie). Intolleranza gastrointestinale, ipertricosi, iper sudorazione, trattenimento di liquidi.

Complicanze Psicologiche: depressione.

La chirurgia, gli aspetti psicologici, il lungo percorso di terapie, inevitabilmente influiscono sul sistema posturale della donna, così come le cicatrici.

Le cicatrici possono essere una delle cause di squilibrio del nostro organismo, sia in ambito posturale che muscolo-fasciale. Studi dimostrano che una cicatrice può alterare la postura, sia a livello locale, come visto prima, che nella globalità: la deambulazione, l’appoggio dei piedi a terra e perfino il corretto funzionamento di un muscolo (a causa di aderenze profonde) possono venire meno, determinando configurazioni posturali scorrette.

Inoltre, la presenza di aderenze sottocutanee, contribuisce a rendere duro e anelastico il tessuto cicatriziale stesso, creando un punto di “trazione” in tutte le direzioni che disturberà quindi l’intero sistema. Con il passare del tempo, questa continua informazione di trazione modificherà la postura dell’individuo, portando ad esempio a delle asimmetrie e quindi ad un sovraccarico muscolare, articolare, tendineo e legamentoso di alcuni comparti che inevitabilmente si trasformeranno in patologia.

 

L’attività motoria

Ѐ risaputo che l’attività motoria è un fondamentale fattore di protezione per qualsiasi soggetto e utilizzabile da tutte le donne. Essa è al primo posto nella prevenzione e gestione del cancro al seno, soprattutto nella gestione dei sintomi della malattia e degli effetti collaterali causati dalle terapie, nel miglioramento della qualità della vita e nella prevenzione di recidive.

L’attività fisica è un potente strumento di salute e benessere, ed un grande strumento di socializzazione e prevenzione contro la depressione.

Al giorno d’oggi si parla molto di attività motoria, ma si trascurano tante problematiche descritte in precedenza e si tende a indirizzare le utenti verso discipline diverse fra loro ed in gruppi che al loro interno trovano persone con problematiche o patologie differenti.

Diventa di fondamentale importanza tutelare queste persone con un’attività motoria specifica e adattata, fatta di esercizi studiati minuziosamente e soprattutto personalizzati che mettano al primo posto le esigenze di un corpo che si trova ad affrontare delle limitazioni che prima non aveva.

Da qualche anno sto lavorando, in collaborazione con alcune associazioni di donne operate al seno in particolare “Il Seno Di Poi OVD di Bologna”, con l’obiettivo di creare un protocollo di esercizi attivi mirati alle catene muscolari rette e crociate (quelle che coinvolgono quei muscoli che permettono di stare dritti o di piegarsi o arrotolarsi), abbinati ad esercizi di propriocezione (capacità di percepire, ascoltare il proprio corpo), con lo scopo di migliorare la qualità della vita delle donne.

Si avrà il miglioramento di una buona articolarità della spalla, dell’arto braccio, del collo e del dorso, attraverso un buon bilanciamento muscolare e a una rieducazione motoria, passando ad accenni di ergonomia sull’ utilizzo della colonna vertebrale nella vita di tutti i giorni, come sedersi, sollevare una vaso da terra, sdraiarsi e rialzarsi da terra ecc.. e ad una corretta respirazione.

Questo trova espressione in un buon assetto posturale, una serena accettazione della nuova fisicità, e ed una maggiore consapevolezza e conoscenza del proprio corpo.

I gruppi presi in esame vengono valutati ad inizio e fine corso attraverso una valutazione posturale. Tutte le donne esaminate fino ad ora sono migliorate notevolmente sia a livello articolare che posturale in generale, suscitando grande interesse e coinvolgimento da parte delle utenti.

 

Conclusioni

L’esperienza personale come paziente oncologica, ma soprattutto come laureata in scienze motorie posturologa, mi ha portato a prendere seriamente in considerazione la valutazione posturale come valido strumento di valutazione e di controllo, per creare un percorso di attività motoria adeguato, individualizzato ma soprattutto efficacie, per la gestione, nel lungo termine, delle donne che, dopo aver sconfitto questa patologia, hanno il diritto di avere la possibilità di poter raggiungere il godimento della miglior qualità di vita possibile.

 Anche se il tuo corpo e la tua mente sono cambiati, ritornerai a muoverti meglio di prima! Credici io ne sono la prova

 Tag POSTURA,  ATTIVITÀ FISICACANCRO AL SENO

 Sitografia

http://www.airc.it/cancro/cos-e/statistiche-tumori-italia/

https://www.gianlucarossetto.it/cicatrici-ed-alterazione-della-postura/

https://www.cure-naturali.it 

 

_________________

 

LA RISPOSTA MECCANICA DELL'OSSO AL CARICO. DOTT. ERIK DESTEFANIS

2020-04-22

 

 INTRODUZIONE

 La massa ossea è regolata da stimoli meccanici e biochimici. Come i muscoli, le ossa aggiungono massa quando vengono caricate (attività fisica) e perderanno massa se non lo sono (immobilizzazione o tempo trascorso a gravità bassa o nulla).[1] La mancanza di carico meccanico degli arti durante lo sviluppo può causare una riduzione del 30-50% della massa ossea e, inoltre, l'osso interessato non raggiungerà una forma ottimale della sezione trasversale. [2]

 Nel 1892, Julius Wolff teorizzò che i modelli di traiettoria delle trabecole che si formano sul femore prossimale erano dettati da schemi di stress meccanico governati da leggi matematiche. Wolff ha paragonato le sue osservazioni a un modello di gru curva calcolato dall'ingegnere svizzero Culmann. La teoria di Wolff ha concluso che l'osso si adatta alla sua struttura e si adatta ai requisiti di carico posti su di esso. [2]

 

IN CHE MODO LE CELLULE OSSEE RILEVANO IL CARICO MECCANICO?

 Gli osteociti sono i meccanosensori primari dell'osso che orchestrano la cascata di eventi che vanno a creare la massa ossea. Gli osteociti sono le cellule più abbondanti trovate nell'osso (90-95% di tutte le cellule ossee) e hanno processi dendritici lunghi per comunicare con le cellule circostanti. Quando l'osso viene deformato a causa del carico, questi osteociti rilevano il cambiamento e inviano segnali agli osteoblasti e agli osteoclasti per riparare e rafforzare l'osso. La reazione biochimica innescata da questi osteociti meccanosensibili porta all'osteogenesi (nuova formazione ossea).

Gli osteociti esistono all'interno della matrice mineralizzata dell'osso chiamata lacuna e viaggiano attraverso i canali dei canalicoli. All'aumentare del carico sull'osso, il fluido extracellulare viene spostato attraverso lo spazio extracellulare mediante gradiente di pressione. Questo movimento fluido esercita una forza di resistenza all'interno dello spazio pericellulare e delle pareti ossee.

Il fluido in movimento produce anche uno stress da taglio sulla membrana plasmatica degli osteociti. [1]

 Figura 1.    

Figura 2.     

 

 FENOMENO DEL RENDIMENTO DECRESCENTE

 Gli effetti benefici del carico meccanico sulla massa ossea possono essere attribuiti alla sensibilità delle cellule ossee agli stimoli meccanici. Le cellule rispondono al carico meccanico, e si adattano nel tempo. La risposta osteogenica tende a saturare il periodo di aumenti di carico senza interruzione. Uno studio nel 2002 di Robling et. al. hanno scoperto che i partecipanti hanno guadagnato più massa ossea suddividendo le sessioni di carico in sessioni più piccole separate da periodi di recupero rispetto a quelle che hanno completato tutto il caricamento in singole sessioni ininterrotte [3]. Attualmente questo rimane ancora un fenomeno e sono necessarie ulteriori ricerche. [4]

 CHE COSA SIGNIFICA QUESTO?

 sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere meglio l'intero processo di regolazione della formazione ossea. Una maggiore conoscenza dei meccanismi che regolano le risposte adattative delle cellule ossee, può portare allo sviluppo di nuove strategie per migliorare i protocolli di guarigione e la prevenzione delle fratture o di altri problemi relativi all'osso. Le difficoltà dunque sono la progettazione di strategie e programmi ottimali per la prevenzione della perdita di massa ossea, nonché a consigliare il soggetto con problematiche di natura ossea  una gestione conservativa o chirurgica dello stesso rapportandosi con le varie figure specialistiche di riferimento.[4]

 BIBLIOGRAFIA

  1. Gusmão CVB de, Belangero WD. HOW DO BONE CELLS SENSE MECHANICAL LOADING? Revista Brasileira de Ortopedia. 2009;44(4):299-305. doi:10.1016/S2255-4971(15)30157-9.
  2. Robling AG, Turner CH. Mechanical Signaling for Bone Modeling and Remodeling. Critical reviews in eukaryotic gene expression. 2009;19(4):319-338.
  3. Klein-Nulend J, Bacabec RG, Bakker AD. Mechanical loading and how it affects bone cells:the role of the osteocyte cytoskeleton in maintaining our skeleton. Eur Cell Mater. 2012;24(24):278-91
  4. Robling AG, Hinant FM, Burr DB, Turner CH. Shorter, more frequent mechanical loading sessions enhance bone mass. Med Sci Sports Exerc. 2002;34(2):196-202.

 SITOGRAFIA

 Figura 1. https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Figure_38_02_04.png

 Figura 2. https://commons.wikimedia.org/wiki/File:606_Spongy_Bone.jpg


/ckeditor/ckfinder/userfiles/files/Articolo%20DEF.pdf

 
                                                                                         _________________

 

MEDIO GLUTEO: ANALISI FUNZIONALE, VALUTAZIONE E PROPOSTE DI ESERCIZI CORRETTIVI Dott.ssa Mariaclara

2020-05-18

 

INTRODUZIONE

Nel campo della chinesiologia e del recupero funzionale è ben noto il ruolo ricoperto dal muscolo Medio Gluteo, ossia quello di stabilizzatore del bacino nella deambulazione, nella corsa e in molti altri schemi di movimento in cui è fondamentale una stabilità del cingolo pelvico.

Attraverso questo articolo, quindi, verrà preso in esame il suddetto muscolo, descrivendolo brevemente da un punto di vista anatomico per poi passare subito ad un’analisi funzionale e prestativa.

Seguirà una serie di test di valutazione che ritengo siano utili per avere un quadro completo della forza e della resistenza muscolare specifiche e infine delle proposte di esercizi terapeutici da poter utilizzare in sede di lavoro correttivo.

 

ANATOMIA DEL MEDIO GLUTEO

Il gruppo dei muscoli dell’anca, facente parte delle quattro sottocategorie dei muscoli dell’arto inferiore,  origina dalla pelvi e in parte anche dal rachide vertebrale terminando poi sul Femore. Si può classificare a sua volta in due sottogruppi:

1. Gruppo della fossa iliaca

2. Gruppo della regione glutea

Dato l’argomento preso in esame in questo articolo, la descrizione anatomica verterà in maniera specifica proprio su quest’ultima zona.

Facendo riferimento all’anatomia topografica, collochiamo la regione glutea nella parte posteriore dell’anca, distalmente alla regione ileo-costale, tra la regione sacro coccigea, posteriormente, e la regione inguino-femorale, anteriormente.

Scendendo in profondità al di sotto della Fascia Glutea, troviamo otto muscoli ripartiti su due piani a seconda della loro collocazione e quindi della loro profondità:

- Primo Strato o Strato Superficiale: composto dai muscoli Grande Gluteo, Medio Gluteo e Tensore della Fascia Lata

- Secondo Strato o Strato Profondo: composto dai muscoli Piccolo Gluteo, Piriforme, Otturatori Interno ed Esterno, Gemelli Superiore e Inferiore, Quadrato del Femore.

Il Medio Gluteo è un muscolo largo, piatto e robusto con una forma a ventaglio. Si posiziona in parte al di sotto del Grande Gluteo, da cui emerge in alto e in avanti e a cui è solo secondo per grandezza.

Risulta invece più superficiale rispetto al Piccolo Gluteo, con il quale condivide la medesima origine e le medesime inserzione e innervazione.

Un’analisi dal punto di vista anatomico darà una collocazione fisica ancora più specifica di questo muscolo sulla struttura ossea dell’anca.

Il Medio Gluteo origina dai ¾ anteriori del labbro esterno della cresta iliaca, dalla faccia glutea dell’ala iliaca e dalla fascia glutea, nello spazio triangolare compreso tra cresta iliaca e muscolo Grande Gluteo. Da questi distretti di inserzione i fasci convergono verso il Grande Trocantere del Femore per trovare la loro terminazione sulla sua faccia laterale.

È possibile vedere come l’inserzione prossimale occupi un’area molto estesa tanto da far compiere al femore tutti i movimenti angolari, eccetto l’adduzione.

Esistono delle variazioni morfologiche in cui il Medio Gluteo può fondersi più o meno intimamente con il Piccolo Gluteo, con il Piriforme e con la Fascia Lata.

Vista la sua peculiare morfologia questo muscolo si può suddividere in due porzioni distinte che possiedono funzioni antagoniste tra loro: i fasci anteriori e quelli posteriori.

La porzione anteriore contiene fibre a direzione longitudinale mentre la porzione posteriore contiene fibre a decorso orizzontale in linea con il collo femorale. 

Da questa caratteristica ne deriva che le azioni principali del Medio Gluteo sono:

- ABDUZIONE DELLA COSCIA: se prende punto fisso sul bacino

- EXTRAROTAZIONE DELLA COSCIA + RETROVERSIONE DEL BACINO: tramite i fasci posteriori

- INTRAROTAZIONE DELLA COSCIA + ANTIVERSIONE DEL BACINO: tramite i fasci anteriori

- ESTENSIONE DEL BACINO: insieme al Grande Gluteo

- STABILIZZAZIONE DEL BACINO: se prende punto fisso sul femore cooperando con gli altri abduttori tramite una contrazione bilaterale

- INCLINAZIONE LATERALE DEL BACINO: tramite una contrazione unilaterale

 

La sua innervazione, insieme a quella del Piccolo Gluteo, è a carico del Nervo Gluteo Superiore (L4-S1)

 

 

IL MEDIO GLUTEO NELLA STABILITÁ DEL BACINO: RUOLO, DISFUNZIONI E CONSEGUENZE POSTURALI

Concentrandosi sulle suddette azioni muscolari, sarà semplice dedurre come, a livello prettamente funzionale, il Medio Gluteo venga coinvolto nella stabilità statica e dinamica del bacino, soprattutto quando siamo in movimento e in equilibrio monopodalico.

Si tratta infatti di uno dei muscoli del bacino più importanti in gesti motori primitivi come la salita di un gradino la corsa e il cammino. Il ruolo del Medio Gluteo è risultato fondamentale anche nei movimenti di affondo e salto in cui affianca e sostiene l’azione del Grande Gluteo, che altrimenti sarebbe limitata e insufficiente.

Considerando che, durante la corsa ad ogni contatto del piede al suolo scarichiamo sulle articolazioni 3 volte il nostro peso corporeo, non sorprende che una debolezza o malfunzionamento  del Medio Gluteo possano scatenare problemi a livello di altre articolazioni anche a monte come ginocchia, caviglie, schiena e spalle compromettendo la salute e la performance. Per questo motivo è un muscolo che deve essere valutato attentamente sia nelle persone comuni, ma anche e soprattutto negli atleti e negli sportivi.

Andiamo  nel dettaglio.

Nella deambulazione, così come nella corsa e in tutti i movimenti che riproducono in qualche modo il ciclo del passo in cui si ha una fase di appoggio monopodalico con un arto sospeso che oscilla, l’arto che scarica a terra subisce un momento adduttorio e intrarotatorio che porta il bacino a scivolare in basso e a cadere verso la parte controlaterale, ossia dal lato in sospensione.

In condizioni fisiologiche quindi, i muscoli abduttori ed extrarotatori dell’anca omolaterale si oppongono tramite una contrazione isometrica che servirà a stabilizzare il movimento e a riportare il bacino in equilibrio.

In condizioni non fisiologiche, e quindi in presenza di un’inibizione e di una debolezza del Medio Gluteo, il Sistema Tonico-Posturale sopperirà a tale mancanza, facendo svolgere buona parte del lavoro a muscoli sinergici come il  Tensore della Fascia Lata e il Quadrato dei lombi (scaturendo quindi le problematiche a livello del tratto lombare e della Bandelletta Ileo-tibiale), ma anche a muscoli antagonisti come il Vasto Mediale e Laterale del Quadricipite.
 

Clinicamente, la disfunzione del Medio Gluteo è stata implicata in numerosi disturbi muscoloscheletrici e lesioni agli arti inferiori. In particolare, uno squilibrio del Medio Gluteo è stato associato a instabilità di caviglia, sindrome patello-femorale, sindrome della bandelletta ileotibiale, lesione del legamento crociato anteriore, del legamento collaterale mediale e persino infortuni alla spalla.

Studi scientifici validati dimostrano inoltre come un'insufficienza dei muscoli dell'anca sia  associata anche allo sviluppo di LBP e come il Medio Gluteo delle persone con algie lombari sia molto più debole. 

Neumann infine ha affermato che l'inibizione dei muscoli glutei causerebbe instabilità nella regione lombopelvica. La diminuzione dell'attività muscolare del gluteo medio è stata dimostrata come un fattore predittivo della presenza di LBP (Cooper et al. 2016 ).

 

 

TEST DI VALUTAZIONE

Al fine di una corretta interpretazione delle varie problematiche appena citate, che potrebbero coinvolgere il Medio Gluteo,come Chinesiologi possiamo fare affidamento ad una serie di Test di Valutazione fondamentali i quali permettono di impostare un valido programma di lavoro di recupero funzionale. La regola fondamentale, che vale per qualsiasi tipologia di valutazione motoria e posturale, è che non dobbiamo cadere in errore concentrandoci esclusivamente su test statici dal momento che ci forniscono solo una parte delle informazioni di cui abbiamo bisogno. Risulta quindi opportuno inserire sempre dei test dinamici, i quali riflettono in maniera più realistica quella che è la realtà del movimento.

In questa categoria raggruppiamo:

- TEST DI VALUTAZIONE GLOBALI: comprendono movimenti multiarticolari che si svolgono su più piani dello spazio e che al tempo stesso coinvolgono in maniera importante il muscolo e l’articolazione di riferimento (nel nostro caso ad esempio lo Squat può essere un test globale nel caso di valutazione della funzionalità del Medio Gluteo)

- SCHEMI DI MOVIMENTO ED ESCURSIONI ARTICOLARI: test che iniziano ad andare più nello specifico poiché si contrano sul ROM dell’articolazione in esame e sul movimento preciso consentito dal muscolo interessato

- TEST DI VALUTAZIONE SEGMENTALE: comprendono test analitici per la valutazione sia della forza che della resistenza muscolare solo del muscolo interessato.

Riportando questa suddivisione al nostro caso specifico, ecco alcuni dei Test di Valutazione per il Medio Gluteo, partendo dai più globali per arrivare a quelli più specifici:

- DEAMBULAZIONE: come precedentemente detto, il Medio Gluteo è uno degli attori principali della stabilizzazione del bacino nella deambulazione quindi, proprio per questo motivo, uno dei primi passi sarà proprio valutare il soggetto durante il cammino. Un occhi clinico e attento potrà notare subito lo Shfit laterale del bacino, segno identificativo di una mancata e/o carente funzionalità muscolare come già spiegato in maniera più approfondita precedentemente.

- SINGLE LEG STANCE: è un test utilizzato per studiare la gestione dell’equilibrio e in modo particolare la funzionalità dell’anca mantenendo la posizione eretta in appoggio monopodalico. Proprio per questo, un aspetto utile da tenere in considerazione è il movimento che effettua l’anca opposta alla gamba di appoggio. I soggetti con scarso funzionamento o una debolezza del medio gluteo palesano il cosiddetto Segno di Trendelemburg, ossia la caduta verso il basso dell’emibacino opposto alla gamba di appoggio la quale presenta il deficit di forza muscolare. Contemporaneamente si ha un’inclinazione del busto verso il lato lesionato nel tentativo di mantenere l’equilibrio. Prestare molta attenzione ai casi di Valgismo dinamico.

- SQUAT TEST: durante l’esecuzione di uno Squat possono avvenire un’infinità di compensi, alcuni dovuti anche ad un’incapacità del soggetto di eseguire il gesto motorio. La capacità del Chinesiologo quindi sarà quella di discernere quelli che sono i falsi positivi dovuti ad una scarsa coordinazione motoria.

L’esecuzione deve essere lenta e controllata così da permettere un’attenta analisi e valutazione dello schema motorio. Nel caso di inibizione del Medio Gluteo, si noterà uno shift del bacino associato a cedimento quindi ad una sua rotazione sul piano frontale.

- DROP LEG TEST: è un test che può essere eseguito sia in modo passivo, con la presenza di un operatore, sia in modo attivo. Il soggetto è sdraiato in decubito laterale e effettuerà un’abduzione della gamba associata ad un’estensione di circa 20°. L’obiettivo sarà di mantenere la posizione tramite una contrazione isometrica per poter valutare sia il tempo di resistenza sia l’eventuale presenza di compensi sul bacino. Un’alternativa è quella di applicare una sollecitazione con una spinta verso il basso chiedendo una contro resistenza verso l’alto.

Oppure, essendo un test molto versatile, è possibile riprodurre lo schema di movimento in modo dinamico ossia eseguire una serie di ripetizioni di abduzione ed estensione dell’anca per valutare lo schema motorio. In caso di debolezza del Medio Gluteo si noterà un’incapacità del paziente nel mantenere la gamba nella posizione abdotta-estesa, con una caduta (drop) della stessa di qualche centimetro.

- CLAMSHELL: solitamente viene inquadrato all’interno degli esercizi correttivi, ma è anche un ottimo test di valutazione. Il soggetto è sempre posizionato in decubito laterale con le gambe flesse e il bacino in linea con il rachide vertebrale. Chiediamo di eseguire un’abduzione dell’anca mantenendo i piedi uniti e senza creare compensi valutando il muscolo che si attiva maggiormente.

È bene precisare che ogni test di valutazione è un esercizio e che ogni esercizio può essere un test quindi esiste una vastissima scelta di metodi valutativi da utilizzare e il Chinesiologo potrà scegliere ed adattare quelli  che ritiene migliori in base alla condizione del soggetto che ha di fronte.

 

ESERCIZI CORRETTIVI

Così come per i test di valutazione, anche per la somministrazione degli esercizi si consiglia di lavorare sia sul segmentale che sul globale, ma seguendo il procedimento inverso.

Nel momento in cui viene riscontrato un deficit di forza e/o resistenza muscolare del Medio Gluteo è opportuno prima di tutto eseguire degli esercizi di recupero funzionale specifici, dal più semplice al più intenso, per poi inserirli in un contesto più globale dove si terrà conto delle sinergie e delle connessioni muscolari all’interno delle catene o linee mio fasciali a cui appartiene per arrivare progressivamente agli esercizi più complessi tipici dell’allenamento e della performance.

Con queste premesse è possibile individuare quelli che sono gli esercizi correttivi più utilizzati:

- DROP LEG: il test diventa un esercizio correttivo. Il soggetto dovrà eseguire l’esercizio con breve mantenimento della posizione in isometria per 2’’-3’’.

- CLAMSHELL: anche in questo caso il test diventa un esercizio correttivo. Il clamshell, o l’esercizio della “conchiglia”,  serve a enfatizzare l’azione del Medio Gluteo. La posizione per eseguire l’esercizio è in decubito laterale, con il busto in linea con il bacino. L’angolo di flessione delle ginocchia è di circa 90° mentre quello dell’anca circa 70°/80°. Con le gambe completamente sovrapposte, si esegue un’abduzione con le ginocchia che si allontanano e i piedi che restano uniti per un totale di 20-25 ripetizioni. Per un principiante o una persona che inizia un recupero riabilitativo può essere eseguito sfruttando la sola forza di gravità e successivamente utilizzando la metodica RNT di Gray Cook tramite una mini band a resistenza progressiva. Una variante del clamshell prevede un movimento molto più ampio partendo da una intrarotazione forzata. In questo caso i piedi sono separati durante il movimento e non vengono utilizzati elastici.

 

Terminati i segmentali, prima di passare ai globali è necessario sempre testare di nuovo lo schema di movimento e controllare se ci sono stati dei miglioramenti. Quindi, successivamente, procedere con esercizi più complessi come:

- SINGLE LEG BRIDGE: Il Single Leg Bridge ponte ad una gamba è la variante avanzata del più comune “Ponte Glutei”,  la cui esecuzione deve essere corretta e va curata nel dettaglio prima di passare a questa versione. Si può eseguire in maniera dinamica o con mantenimento della posizione tramite contrazioni isometriche. Anche in questo caso è possibile, nelle fasi più avanzate, utilizzare una resistenza elastica.

 

- SIDE WALK CON MINI BAND: posizionare una mini band attorno al collo dei piedi ed eseguire dei passi laterali con le gambe leggermente piegate senza mai richiudere totalmente i piedi.

- SINGLE LEG SQUAT: Il Single Leg Squat o Squat a una gamba è estremamente efficace per rinforzare Medio e Piccolo Gluteo. Va eseguito in parallelo con il classico Squat in appoggio bipodalico

- HIP DROP: il soggetto si trova su un box con un piede posizionato verso il margine mentre l’altro, il più esterno, è libero e senza appoggio. Da qui, dovrà eseguire un piegamento sulla sola gamba di appoggio scendendo verso il basso.

- STACCHI IN EQUILIBRIO MONOPODALICO: con un ginocchio piegato a circa 20°, si possono eseguire nella variante più semplice a carico naturale oppure aumentando la difficoltà con l’utilizzo di un pulley basso o orizzontale ai cavi o utilizzando una palla medica. Anch’essi vanno eseguiti sempre in parallelo con gli stacchi in appoggio bipodalico.

La fase finale di completo recupero prevede anche esercizi pliometrici con enfasi sulla tecnica di atterraggio come balzi in avanti e lateralmente.

E’ possibile eseguire questi esericizi o singolarmente come terapeutici e correttivi oppure inserirli nella routine di allenamento come warm up di pre-attivazione muscolare per esercizi base come Squat (nelle sue varianti), Deadlift, Affondi e molti altri che hanno un estremo bisogno di stabilizzazione laterale durante la loro esecuzione. L’eventuale instabilità infatti aumenta le forze di impatto sulle articolazioni dell’arto inferiore e riduce la loro capacità di assorbire queste forze determinando un aumento del valgismo dinamico del ginocchio e aumentando potenzialmente il rischio di infortunio.

 

CONCLUSIONI

Diversi autori e studi scientifici hanno studiato l'influenza del rinforzo del muscolo Medio Gluteo  e dei suoi effetti sulla funzionalità degli arti inferiori.

Massimizzare il reclutamento dei muscoli dell'anca durante gli esercizi di recupero funzionale può aumentare l'efficacia del trattamento, migliorare la cinematica degli arti inferiori, aiutare nella prevenzione degli infortuni, migliorare le prestazioni atletiche e concorrere ad una riduzione del dolore. 

Quindi avere dei “glutei allenati” non si riduce ad una questione meramente estetica, ma anche e soprattutto funzionale e di salute.

 

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

- MVM- Therapy, Luca D’Alterio

- Esercizio correttivo, ATS

 

- “Prevalenza della debolezza del gluteo medio nelle persone con lombalgia cronica rispetto ai controlli sani”, Cooper et. All, PubMed

- “Differenze nell'attivazione dei muscoli glutei e dei quadricipiti durante esercizi di carico tra soggetti di sesso femminile con e senza dolore rotulofemorale”, Glaviano, NR e Saliba- Journal of Strength and Conditioning Research, PubMed

- “Analisi comparativa dell’attivazione muscolare dell’anca negli esercizi di riabilitazione a catena chiusa nei corridori”, Christopher M. ConnellyMatthew F. Moran  PhD,  Jason K. Grimes PhD

- “Funzione muscolare gluteo medio nelle persone con e senza lombalgia: una revisione sistematica”, Sean Sadler, Samuel Cassidy , Benjamin Peterson ,Martin Spink & Vivienne Chuter 

“Cambiamenti nella morfologia macroscopica dei muscoli dell'anca nella lombalgia”, Mohammadreza Pourahmadi, Mohammad Asadi, Jan Dommerholt, Ali Yeganeh

 

 

                                                                          _________________

CASO DI STUDIO DOTT. ENZO DI COSTANZA E UN PROFESSORE DEL DEPARTMENT OF PHYSICAL PERFORMANCE.

2020-04-14

 

Pubblicazione su sportperfsci.com di un caso studio scritto ddal Dott. Enzo di Costanza e un professore del Department of Physical Performance, Norwegian School of Sports of Science.

 

/ckeditor/ckfinder/userfiles/files/Pubblicazione%20E_%20Di%20Costanza.pdf

 
                                                                                  _________________

ARTICOLO a cura del Dott. Fausto Pugliese Chinesiologo

2020-04-14

 

TITOLO:  SISTEMA IMMUNITARIO E ATTIVITA’ SPORTIVA

Il numero di persone che si dedicano ad attività sportive è in continuo aumento e questo è sicuramente

un dato positivo.  Uno degli aspetti di particolare interessa è il rapporto intercorrente tra attività fisica e il sistema immunitario.

L’interesse per il sistema immunitario è stato anche esteso dal desiderio di capire se i dati epidemiologici relativi

alle infezioni delle vie aree che attualmente attestano un accresciuto rischio negli atleti sia correlabile a una diminuita

efficienza delle difese immunitarie. E’ un dato di fatto ormai acquisito che un’attività fisica regolare contribuisca ad

acquisire uno stato di salute più stabile, diminuendo i rischi di malattie correlate alla sedentarietà: cardiopatia

ischemica, osteoporosi, artrosi. D’altro canto quando l’atleta si sottopone ad un lavoro muscolare di elevata intensità

correi il rischio di imbattersi in due fenomeni: le patologie da sovraccarico dell’apparato locomotore o il sovrallenamento.

Nel primo caso ci troviamo di fronte ad un sovraccarico tipicamente “meccanico”, in cui l’infiammazione delle

inserzioni muscolo-tendinee implica l’interruzione del gesto atletico, il quale di per sé genera dolore.

Nel secondo caso ci troviamo di fronte ad un sovraccarico generale dell’organismo, che non ha avuto tempo

a sufficienza per recuperare energia, e l’atleta non riesce più a rendere come prima. Un atleta sovrallenamento

non solo non è più in forma come prima, ma risulta addirittura più debole e più esposto alle malattie,

uno dei segnali di questa sindrome è proprio il calo delle difese immunitarie.           

Il sistema immunitario è influenzabile da un vasto numero di “modulatori biologici” prodotti maggiormente

a livello neuro-ormonale in risposta a diversi tipi di stress tra cui quello fisico.

Nonostante un’attività fisica regolare possa contribuire a incrementare le difese immunitarie dell’organismo, 

esiste sicuramente un limite oltre il quale l’esercizio fisico risulti viceversa e quindi in grado di produrre ripercussioni

negative sul sistema immunitario stesso. Non bisogna dimenticare che lo sport implica uno stress non solo fisico,

ma anche nervoso, di tipo emotivo, e che questi due fattori possono combinarsi tra di loro facilitando la comparsa di

ripercussioni negative sull’organismo, qualificate sotto il termine di “sindrome da sovrallenamento”, in cui il calo di

rendimento atletico è sicuramente l’aspetto più evidente, ma dove il calo delle difese immunitarie sono uno

dei segnali più importanti.    

Riepilogando, un allenamento regolare di intensità moderata, può favorire il potenziamento delle capacità di difesa di tipo

immunitario mentre, un allenamento regolare ma a carichi intensi può alterare anche solo provvisoriamente le normali

capacità di difesa di tipo immunitario, aumentando tuttavia nel lungo periodo il rischio di contrarre infezioni

per il ripetersi di questi cali transitori. 

 Da un punto di vista pratico ci si deve porre il quesito su come comportarsi per contrastare questo calo transitorio

e tenere sotto controllo  il rischio di contrarre infezioni.

Il primo passo è sicuramente una corretta impostazioni e distribuzione dei carichi di lavoro; il secondo è quello di

pensare ad alcuni accorgimenti dietetici mirati a rafforzare le capacità di difesa del sistema immunitario.

 

                                                                       _________________


ARTICOLO a cura Del Dott. Emilio Pesce Chinesiologo.

2020-04-10

 

TITOLO:

MOVIMENTO, ATTIVITA’FISICA ED ESERCIZIO FISICO: TRE CONCETTI BEN DISTINTI!
a cura Del Dott. Emilio Pesce Chinesiologo

“Le consiglio di fare del movimento…dell’attività fisica!”.
Quante volte ci siamo sentiti ripetere questa frase dal nostro medico di
famiglia, come soluzione ai più svariati problemi fisici?
Ma cosa intendeva esattamente il medico? O cosa abbiamo inteso noi?Che
bisognava mettersi a camminare, a pedalare, a nuotare o a correre? Quando,
per quanto tempo e con quale sforzo?
E’ il momento di fare chiarezza e di chiamare le cose con il loro giusto
nome!
Risulta a tal proposito fondamentale la distinzione tra movimento, attività
fisica ed esercizio fisico.
- Il concetto di “movimento” è quasi indefinibile, in quanto il termine
indica qualcosa di estremamente generico. In altre parole si intende
qualsiasi spostamento del nostro corpo o di parti di esso.
Anche solo alzandosi dalla poltrona e spostandosi da una stanza all’altra
della propria casa si compie, di fatto, un movimento.
-Per “attività fisica” si intende ancora qualcosa di generico, ma è facile
distinguerla dal movimento per la durata, che è superiore ai 10 minuti e
perché si tratta di una occupazione vera e propria che prevede movimenti
corporei dovuti a contrazioni muscolari ripetute e continue, con dispendio
energetico maggiore di quello necessario al metabolismo basale.
Fare la spesa o fare giardinaggio per più di 10 minuti costituiscono dunque
già di per sé un’attività fisica.
E sono un’attività fisica una corsetta o un’uscita in bici che non
rientrino in un insieme ben definito e programmato.
-Sono proprio la programmazione e la ripetizione schematica nel tempo le
caratteristiche che distinguono l’”esercizio fisico” dall’estremamente
generico movimento e dalla generica attività fisica!
L’esercizio fisico è tale in quanto rispetta i principi F.I.I.T. vale a
dire:
frequenza, intensità, tempo (o durata) e tipologia.
Messi i puntini sulle “i”, davvero ancora possiamo pensare che il nostro
medico intenda consigliarci, per la nostra salute, di alzarci più spesso
dalla poltrona o di fare una corsetta una tantum, magari senza sapere se
nel nostro caso possa essere addirittura controproducente rispetto ad un
altro sport?
Assodato che del movimento e dell’attività fisica possano apportare
genericamente dei benefici per il nostro corpo, ciò di cui abbiamo bisogno
per risolvere un problema specifico o per raggiungere un obiettivo
specifico è l’esercizio fisico. O meglio: abbiamo bisogno di un
professionista del settore che, tramite un’attenta valutazione della nostra
condizione e tramite degli esami strumentali, ci indichi la tipologia di
esercizio fisico adatto al nostro caso, ci segua nell’esecuzione, ci
consigli la frequenza, l’intensità e la durata nel tempo del nostro
esercizio.
Insomma abbiamo bisogno di una programmazione a lungo termine e della
ripetizione metodica di un qualcosa che migliori il nostro stato di salute
fisica e, perché no, psichica.

Dott. Emilio Pesce

 

                                                                              _________________

 

ARTICOLO Dott.ssa Mariangela SMIMMO.

2020-04-10

 

TITOLO:

ALLENARSI ATTRAVERSO L'UTILIZZO DELLA COMPONENTE ECCENTRICA DI UNA FASE DEL LAVORO
MIGLIORA IL PROCESSO COGNITIVO.
 

Muoversi è una capacità intrinseca di ogni individuo. Il movimento si esplica
attraverso molteplici unità, ovvero che esso
contiene in se stesso tutti i processi biochimici, fisiologici, endocrini
attraverso un dinamismo unico e continuativo.
Qualsiasi tipologia di esercizio fisico contiene in sé due fasi essenziali
per poter esplicare un lavoro di tipo meccanico:
la fase concentrica e la fase eccentrica.
Queste due fasi si connettono tra loro attraverso il controllo del
sistema neuromuscolare.
Se prendiamo in esame la componente eccentrica di un qualsiasi lavoro
biomeccanico (ad esempio lo Squat), attraverso un'attenta
auto percezione e valutazione della percezione dello sforzo tra le 8-10 ore
post esercizio, a 48 e 72 ore post esercizio,
emergerà, sulla base di evidenze scientifiche, oltre che ai sintomi
dell'infiammazione acuta (dolori, gonfiore, riduzione della forza
e perdita della funzionalità), un fattore che è rilevante per
il benessere psicofisico: ovvero migliora la qualità
propriocettiva (con una riduzione di lesioni dell'apparato muscolo-scheletrico
sia nella vita quotidiana che durante l'esplicazione
di qualsiasi tipo di attività motoria).
Ciò porta ad una continua e nuova neuroplasticità del cervello di rielaborare
gli input attraverso feedback di tipo motorio.
Con la formazione di nuovi processi cognitivi e una strutturazione dinamica del
cervello, il corpo è in grado di economizzare il dispendio
energetico di fronte a situazioni di stress acuto, di resistenza allo sforzo e
alla percezione del dolore.
In tal modo il benessere psicofisico del soggetto risulta e risulterà efficiente
per condurre una vita complessa, nonostante le difficoltà che emergono ed emergeranno.

Dott.ssa Mariangela SMIMMO

 

                                                                                   _________________

 

Attività motoria e produzione di radicali liberi dell’ossigeno: ruolo degli antiossidanti. Del Do

2020-02-13

 

TESI

"Attività motoria e produzione di radicali liberi dell’ossigeno: ruolo degli antiossidanti"

Dott. Adalberto Trapana'
 

Clicca sul link per visulaizzare il pdf.

/ckeditor/ckfinder/userfiles/files/tesi%20pubblic.pdf



                                                                                              _________________
 

Alterazioni posturali in donne con esiti di mastectomia Valutazione della postura e protocollo di esercizi.

2019-10-25

 

Alterazioni posturali in donne con esiti di mastectomia
Valutazione della postura e protocollo di esercizi chinesiologici in donne con tumore al seno
Monica Guidi
Master in posturologia clinica, Facoltà di medicina e chirurgia, Università di Pisa

monica.guidi73@gmail.com
 
ABSTRACT
 
OBIETTIVO: lo scopo del lavoro e quello di valutare la postura corporea, e associando un protocollo di esercizi attivi mirati alle catene crociate, abbinati ad esercizi di propriocezione. Esso ha l’obiettivo di migliorare la qualità di vita, a una maggiore consapevolezza del proprio corpo.  
METODI: Lo studio ha seguito l'evoluzione posturale di 4 donne sottoposte a mastectomia totale (mono laterale), con ricostruzione protesi, senza linfoadenectomia ascellare, con biopsia linfonodo sentinella, e trascorsi almeno due anni dall'ultimo trattamento chirurgico e chemioterapia adiuvante.  Test e scale di valutazione eseguiti sono: Scala di NRS, Scala Eortc qlq C30, Verticale di barre, Test rotazione del capo, Test apertura braccio, Test per la mobilità articolare flessione collo e del tronco, Test Muscolo Forte (test per valutare la reattività delle cicatrici).  Metodi del protocollo ginnico: tecniche di rilassamento, ginnastica respiratoria, ginnastica propriocettiva, mobilizzazione passiva e attiva catene muscolari.  1 Seduta a Settimana per 4 Settimane Tempo: 60 minuti circa a seduta Le valutazioni e i test sono stati eseguiti prima e dopo il trattamento.  
  RISULTATI L'età media delle donne era di 47 ± 53 anni; Il 50% mastectomia seno destro e nel 50% mastectomia seno sinistro.
I test rivelano: la rotazione del capo è leggermente migliorata dopo il trattamento, le quattro utenti hanno ottenuto anche un notevole miglioramento nell’abduzione dell’arto superiore e nella flessione anteriore del busto.
Test di valutazione del dolore scala NRS: In tutti e quattro i casi, il dolore alla schiena è sempre stato presente in un range da 6 a 8 di punteggio,  
tre avvertivano dolore al seno con punteggio tra 8 e 6,
 due avvertivano dolore al collo con punteggio 8,
una avvertiva dolore al braccio con punteggio 8. Dopo il trattamento, il dolore alla schiena di tutte le utenti era presente, ma diminuito a 2.  
Il dolore al seno era sempre presente, ma diminuito come intensità da 3 a 1.
Per quanto riguarda il dolore al collo, manifestato in origine da due utenti, solo in una il dolore era ancora presente ma diminuito a 3;  
nell’utente con dolore al braccio il punteggio è diminuito da 8 a 3.
I dati rilevati nelle foto della verticale di Barrè, con tutti i test finali, risultano essere più vicini a quelli ideali, rispetto a quelli del primo test.
 
  CONCLUSIONI: I risultati indicano che il metodo attuato, nonostante l’esiguità dei dati per i pochi casi clinici, è da considerarsi efficace nel riequilibrio delle catene muscolari. Tutte e quattro le utenti sono infatti migliorate dopo questo protocollo.  
L’importanza della valutazione posturale in donne mastectomizzate a distanza di anni, mostra le conseguenze, che si hanno sulla postura, e dovrebbe essere supportato da un protocollo di esercizi personalizzati e mirati alle persone colpite da carcinoma mammario.  
 
 
                                                                                        _________________
 

FATICA E PRESTAZIONE: DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA a cura del Dott.Emilio Pesce Chinesiologo

2019-10-16

 

Che fatica spiegare la…fatica!
Una sensazione universalmente percepita, eppure ancora senza un significato univoco concreto, ovvero scientificamente dimostrato.
Non sono bastati 150 anni per inquadrare con certezza un semplice termine, non sono bastati oltre 3000 articoli negli ultimi 20 anni: la fatica resta uno degli argomenti più controversi nell’ambito dello sport!
Varie scienze hanno provato a classificarla all’interno delle proprie competenze:
la biomeccanica parla di “decremento output di forza muscolare”, la psicologia di semplice “sensazione di stanchezza”, la fisiologia di “esaurimento di uno specifico sistema fisiologico”.
Poi è arrivata la scienza dello sport a dare ragione un po’ a tutti e allo stesso tempo a nessuno, con la seguente definizione: “Sensazione di stanchezza con associata riduzione della funzione e della prestazione muscolare”.
Ora forse è un po’ più chiaro quando il nostro preparatore atletico ci stimola a continuare l’esercizio quando noi iniziamo a lamentarci di non farcela più, mentre magari lui ci sta monitorando con la strumentazione per rilevare la frequenza cardiaca e verifica che è assolutamente tutto a posto!
In altre parole, si può essere affaticati psicologicamente, dal punto di vista biomeccanico, strutturale o neuromuscolare e allo stesso tempo non essere affaticati affatto!
Spesso la fatica è solo un inganno sensoriale. Non esageriamo se affermiamo che, come concetto univoco, “la fatica non esiste”!
Fatica e prestazione possono essere considerate come due facce della stessa medaglia: la prestazione porta alla fatica (sì proprio quella che si avverte ma è quasi indefinibile e dunque inesistente!) tramite l’allenamento; allo stesso tempo la fatica caratterizza la prestazione, all’interno di un classico circolo vizioso.
Ma cosa succede a livello di sistema nervoso centrale e sistema nervoso periferico durante una prestazione fisica?
La “fatica centrale” causa:
- diminuzione della velocità del potenziale d’azione lungo l’assone che collega i neuroni
- cambiamento dell’eccitabilità delle cellule nervose all’interno della corteccia motoria
- incremento della serotonina (ormone del buon umore) e contemporaneamente senso di stanchezza
- rilascio di citochine IL-6 , IL-1
- aumento della stimolazione di nervi afferenti, che inducono un’inibizione delle vie nervose efferenti
La fatica periferica ha effetti:
- sull’ambiente intracellulare, in cui si verifica un accumulo di ammoniaca, ioni H+ e acido lattico e un aumento della temperatura corporea, perdita di acqua e potenziale disidratazione
- entro la fibra muscolare, in cui si ha: una diminuzione della forza contrattile per accumulo di Pi nel sarcoplasma; accumulo di ioni H+ che danno vita ad un ambiente acido; inibizione del rilascio di calcio e, di contrasto, accumulo di magnesio ; diminuzione del livello energetico del muscolo per diminuzione delle scorte di glicogeno; diminuzione della velocità del potenziale d’azione lungo la membrana cellulare; fuoriuscita di potassio dalla fibra muscolare.
Insomma tutto a testimoniare che la fatica c’è…ma non esiste!

  

                                                                                        _________________

Attività Fisica Adattata in Oncologia Alessandro Nutini, Chinesiologo UNC n. 5787 “CTF Norma Tec

2019-10-03

 

Da circa più di vent’anni in molti paesi del mondo si praticano e si eseguono programmi di ricerca su di nuova disciplina delle Scienze Motorie che prevede, al suo interno, la possibilità di “adattare” le forme più conosciute dell’Educazione Fisica a necessità educative, rieducative e riabilitative: è l’Attività Fisica Adattata (Auxter, Pyfer, Zittel and Roth, 2010) meglio nota con la sigla “APA” (dall’inglese “Adapted Physical Activity”). Con il termine “Attività Fisica Adattata” quindi, si indica una materia interdisciplinare che comprende lo studio e l’applicazione di vari settori delle Scienze Motorie che derivano dalla logica dell’esercizio fisico propria dell’Educazione Fisica, dall’abilità motoria espressa in varie discipline sportive e dalla rieducazione funzionale al servizio delle persone in difficoltà (Block, 2016).

Nel passaggio dal vecchio corso di studi in Educazione Fisica al nuovo ordinamento in Scienze Motorie, il percorso accademico si è arricchito di una sorta di interconnessione con realtà che vanno oltre la dinamica della “correzione” di Paramorfismi e si collocano in una logica di supporto continuativo con percorsi che “stabilizzano” coloro che provengono dal trattamento fisico di carattere sanitario/fisioterapico e fungono da motore di rieducazione delle capacità motorie compromesse, ma in grado, grazie al trattamento citato prima, di esser nuovamente stimolate ed in una certa misura recuperate.

Attraverso lo sviluppo e l’ottimizzazione delle “capacità motorie residue” della persona, si arriva ad un incremento del grado di mobilità e autonomia personale, necessari per l’integrazione e la partecipazione alla vita sociale ed è questo l’obiettivo primario dell’Attività Fisica Adattata.

Attualmente, nel corso di studi in Scienze Motorie, si insegna la Ginnastica Adattata e Compensativa, un sistema metodologico che implica l’adozione di esercizi fisici che mirano a creare un programma di educazione e rieducazione motoria “specifico” per soggetti che presentano una limitazione funzionale.  Questo tipo di ginnastica, pertanto, risulta dall’applicazione di conoscenze interdisciplinari (Anatomia Umana, Biomeccanica, Fisiologia Applicata, etc…) che il professionista delle Scienze Motorie possiede e mette in pratica nella scelta e nella programmazione di un lavoro altamente personalizzato teso al miglioramento od al recupero di facoltà motorie compromesse o “degradate” a causa di traumi o malattie.  È chiaro che tale tipo di attività non può essere improvvisata né svolta da personale non specializzato e nemmeno si classifica come operatività in regime sanitario (azione peculiare del fisioterapista), poiché il miglioramento (od anche il “recupero”) motorio, come detto prima, avvengono necessariamente dopo l’eventuale interessamento medico/fisioterapico e si configura, in tal modo, l’esigenza di un lavoro più a lungo termine, dove la persona ha la necessità di una programmazione specifica che può arrivare a cicli mensili se non annuali.

Classici esempi di interventi di Ginnastica Adattata e Compensativa sono i programmi riferiti al recupero funzionale post-intervento chirurgico che, dopo l’azione fisioterapico/sanitaria, riguardano l’individuo per un dato periodo, la cui personalizzazione è in costante valutazione e modificazione (Attività Adattata) per riuscire a migliorare le qualità fisiologico-motorie carenti ed “equilibrare” le risposte organico-motorie nei confronti dei vari “deficit funzionali” ancora presenti (Attività Compensativa).

Nel caso di attività proposte a carico di persone soggette a terapie oncologiche, la ginnastica riveste un carattere prettamente “adattativo”, ossia “educativo” in modo altamente specifico, a seconda delle esigenze della persona stessa, valutando le problematiche riferite alla terapia (effetti collaterali) ed integrandosi con eventuali necessità fisioterapiche che devono correlarsi alle capacità motorie manifestate da chi è soggetto al trattamento.

L’azione “compensativa” della ginnastica da proporre, sebbene non di alto impatto, si manifesta e si integra nell’adattabilità stessa del sistema di esercizi proposti, tanto da rendersi necessaria un’attenta valutazione funzionale che mira a rendere il programma ancor più “soggettivo” poiché la locazione della patologia, la tipologia di trattamento (chemioterapia o radioterapia, ad esempio) e l’intervento fisioterapico sono altamente peculiari e sfuggono ad una logica di standardizzazione che, spesso, si incontrano in altre situazioni.

In questo caso le Scienze Motorie agiscono come una sorta di “collante” tra il principio di “cura in regime sanitario” e qualità della vita, puntando al miglioramento di quest’ultima e cercando di collaborare con le altre discipline al fine di garantire (e, per quanto possibile, consolidare) un’autonomia personale soddisfacente.

Per tali motivi, nel proseguo dello scritto, userò il termine di “Attività Fisica Adattata” per descrivere la ginnastica opportuna da eseguire nel caso di una persona che esegue terapie oncologiche o ne è stata soggetto.

Attualmente diversi istituti oncologici, nelle linee guida al paziente, integrano i loro punti fondamentali con consigli sull’attività fisica da eseguire, mettendo sempre più attenzione sull’evitare l’immobilità in pazienti sottoposti a terapie oncologiche. Oltre alla prevenzione primaria che, finalmente, sta riscuotendo sempre più interesse (si vedano i consigli dati dall’AIRC – Associazione Italiana Ricerca sul Cancro: https://www.airc.it/cancro/prevenzione-tumore/prevenzione-per-tutti/attivita-fisica), anche il supporto in terapia riceve sempre più consensi tanto che la prestigiosa Fondazione Veronesi, nel suo sito internet scrive: “Quanto osservato, può essere interpretato in due modi. Se il paziente continua a fare sport anche dopo quattro anni, vuol dire che complessivamente gode di uno stato di salute rassicurante. Ma in realtà sono sempre di più i riscontri che lasciano immaginare un beneficio determinato proprio dalla pratica sportiva, a partire dalla fase delle terapie. «In passato ai pazienti veniva spesso raccomandato di riposare durante il trattamento, ma nel tempo l'evidenza scientifica ci ha portato a ribaltare l'approccio - prosegue De Laurentiis -. Lo sport aiuta le donne a gestire gli effetti collaterali come l'affaticamento, il dolore e la nausea e a sopportare di conseguenza meglio i trattamenti. Motivare le pazienti, però, non è facile. Parlare di dieta è più semplice, perché tutti comunque devono mangiare. Mentre in una società in cui gli adulti sono spesso sedentari, è più difficile far capire a una donna che s'ammala quanto sia importante svolgere attività fisica” (https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/oncologia/i-benefici-dellattivita-fisica-sul-tumore-durante-e-dopo-la-chemioterapia).

Il movimento diviene, quindi, un supporto terapeutico fondamentale a cui le Scienze Motorie devono dedicare attenzione e stabilire un processo di studio e ricerca dei programmi necessari a tale scopo.

Un esempio dell’importante ruolo che l’Attività Fisica Adattata ha nel caso di supporto alle terapie oncologiche, arriva da uno studio condotto da Mark Dewhirst della Duke University (Jones and Dewhirst, 2014) nel quale si dimostra un forte impatto positivo dell’attività fisica di carattere aerobico nella vascolarizzazione e nel relativo incremento della capacità del farmaco di giungere in profondità nel tumore. Nello studio citato si legge che:

 

Nevertheless, two factors pointed to the potential benefit of exercise in cancer patients: 1) the robust efficacy of exercise to favorably impact multiple physiological and psychosocial outcomes in noncancer clinical populations with similar symptomatology and limitations to exercise and 2) the emergence and importance of cancer survivorship. These factors provided the ideal platform and rationale to launch initial studies testing the safety, tolerability, and efficacy of exercise in patients with cancer. The past decade has witnessed a relative explosion in research, as well as clinical interest, in the application of exercise, as well as more general physical activity, in the context of cancer control efforts

(Tuttavia, due fattori hanno indicato il potenziale beneficio dell'esercizio nei pazienti oncologici: 1) la forte efficacia dell'esercizio nell’influire favorevolmente su diversi fattori fisiologici e psicosociali in popolazioni cliniche non affette da cancro con sintomatologia e limitazioni simili all'esercizio fisico e 2) l'emersione e l'importanza della sopravvivenza dal cancro. Questi fattori hanno fornito la piattaforma ideale e le motivazioni per avviare studi iniziali che testano la sicurezza, la tollerabilità e l'efficacia dell'esercizio in pazienti con cancro. L'ultimo decennio ha visto una relativa esplosione nella ricerca, nonché nell’interesse clinico, dell'applicazione dell'esercizio fisico, nonché di un'attività fisica più generale, nel contesto degli sforzi di controllo del cancro).

 

Su tali basi, pertanto, si aprono nuovi orizzonti di ricerca e di applicazione pratica delle Scienze Motorie, un panorama che deve necessariamente essere incluso nel percorso di una persona affetta da malattia oncologica con competenza e professionalità, dove lo studio connesso alle materie fondamentali legate al movimento (Anatomia Umana, Fisiologia, Biomeccanica, etc…) debba connettersi, sebbene in modo non clinico, alle basi dell’Oncologia per far sì che il programma di Attività Fisica Adattata sia sempre più efficiente ed efficace nel miglioramento degli indici di qualità della vita e, come scritto dallo stesso Dewhirst, possa veramente essere un valido supporto nel controllo del cancro.

 

Attività Fisica Adattata in Oncologia: effetti ed obiettivi

 

I miglioramenti indotti dall’attività fisica nel caso di patologie oncologiche sono ormai accertati ed evidenti sia per il miglioramento dei parametri respiratori che nel migliorare i livelli ormonali ed a rafforzare il sistema immunitario (Maddocks and Granger, 2018; Santa Mina D, Au D, Auger LE et al., 2019; Cavalheri, Burtin, Formico et al., 2019; Kirkham, Bland, Wollmann et al., 2019) e la valutazione su indici relativi alla qualità della vita, tra cui il famoso “health-related quality of life” (HRQoL), riportano una capacità motoria fortemente diminuita nelle persone sia affette da tumore che in quelle sottoposte a terapia oncologica. Tale situazione comporta sia una difficoltà nell’autonomia motoria che una sorta di debilitazione organica che risultano nocive al prosieguo di una terapia (chirurgica o non) o di una cura “palliativa”.

L’esercizio fisico comporta un interessamento del sistema immunitario che, in realtà, risulta molto complesso da illustrare e, dato l’obiettivo del presente scritto, non verrà analizzato.

Basti sapere che lo stesso sistema risponde in modo positivo alle sollecitazioni fisiologiche organiche indotte sino a supporre un’azione anti-tumorale (Zhang, Ashcraft, Betof Warner et al., 2019). Dato che il sistema immunitario ha un ruolo importante nel controllo della crescita tumorale e che il cancro evolve patologicamente tramite un sistema di evasione dall’azione immunitaria, il maggior contributo alla crescita tumorale (data dall’immuno-tolleranza patologica) è dato dal microambiente che il tumore stesso realizza e che determina ipossia, lattosi e riduzione del pH. L’esercizio fisico induce una mobilizzazione dei leucociti nel circolo (anche detta “leucocitosi indotta dall’esercizio”) che riguarda particolarmente i linfociti T citotossici e le cellule Natural Killer e, anche se la barriera fisiologica (indotta dal tumore) che riduce l’azione di queste cellule è piuttosto forte, sembra che l’esercizio fisico possa in qualche modo influire sul microambiente tumorale che viene quasi “normalizzato” con una possibile promozione dell’attività dell’immunità innata ed adattativa contro il tumore stesso. Questa ipotesi è tutt’ora in studio e fonte di sperimentazioni tanto che una terapia innovativa che impiega le cellule T-CAR può addirittura sfruttare il vantaggio indotto dalla regolarizzazione della concentrazione di lattato e del pH che l’esercizio fisico può a sua volta indurre (Brown and Mackall, 2019; Fesnak, June and Levine, 2016), anche se gli effetti di elevate concentrazioni di lattato sulla funzione immunitaria delle cellule T-CAR sono ancora poco conosciuti, così come ancora poco sappiamo sull’effetto dell’esercizio fisico nel microambiente fisiologico del linfoma. I dati al momento a disposizione, comunque, sono nettamente a favore dell’utilità e dell’efficacia dell’attività fisica.

L’istituto Europeo di Oncologia (https://www.ieo.it/it/PREVENZIONE/Stili-di-vita/Attivita-fisica/) ha prodotto una guida ad uso dei pazienti ove si indicano almeno 150 minuti di attività fisica “moderata” (un esempio potrebbero essere tre sedute di 50 minuti di attività fisica “moderata” alla settimana) oppure 75 minuti di attività fisica “intensa” alla settimana  od una combinazione adeguata di entrambe. Lo stesso istituto pone attenzione sul carattere continuativo di tale attività e sul contrastare lo stile di vita sedentario che spesso si realizza (anche su presupposti di carattere psicologico) nelle persone soggette a terapia oncologica. Nelle stesse linee guida si definisce attività fisica a moderata intensità come l’insieme di attività che richiedono un minimo sforzo respiratorio (camminata veloce o passeggiata in bicicletta), mentre con attività fisica intensa si indicano tutte quelli attività che richiedono maggior sforzo respiratorio e consumo calorico (nelle linee guida si indica la capacità di “far sudare”).

Nonostante queste siano indicazioni molto generiche e non molto incisive nel costruire un piano di lavoro, hanno il merito di portare l’attenzione del paziente verso la necessità del movimento come corollario alla terapia intrapresa.

Compito delle Scienze Motorie è quello di definire quale tipo di attività fisica sia necessaria e quale gradualità sia richiesta per ogni singola persona affetta da tumore e sottoposta a cura ed alcuni principi fondamentali sono necessari.

Prima di tutto, è necessario stabilire che, in questo caso, come citato precedentemente, l’esercizio fisico che dev’essere “somministrato” si riferisce ad un quadro di Attività Fisica Adattata in Oncologia (AFAO) il cui programma dev’essere strutturato e seguito da professionisti del settore (nel nostro caso: laureati in Scienze Motorie).

Un programma efficiente di AFAO si deve strutturare grazie ad alcuni punti-chiave:

  1. Valutazione della funzionalità della persona e conoscenza delle terapie intraprese (possibilmente cercando di comprendere la locazione della patologia e quanto sia invalidante al movimento da insegnare).
  2. Alta personalizzazione del lavoro da eseguire; ogni persona ha necessità distinte e non può esistere uno “standard” a cui riferirsi.
  3. Estrema plasticità nella definizione del lavoro da svolgere dato che può rendersi necessario mutare la sequenza degli esercizi e del carico in breve tempo; porre attenzione sulle condizioni di salute e sugli effetti collaterali delle terapie intraprese: saper bilanciare le varie tipologie di esercizi in base a questo.
  4. Valutare, in un’ottica interdisciplinare, le condizioni fisiche assieme al fisioterapista ed all’oncologo per stabilire nuovi obiettivi da raggiungere.
  5. Valutare altri tipi di attività che si svolgono al di fuori del programma AFAO: jogging, trekking, nuoto od altro e modulare tale programma sull’intensità di tali attività: è sempre consigliabile che la persona sottoposta a terapia oncologica svolga attività “extra” che devono integrarsi con quanto proposto in palestra.
  6. Bilanciamento tra carico di lavoro aerobico ed anaerobico, senza mai giungere alla “soglia di esaurimento” (elevata concentrazione di lattato).
  7. Mantenere la struttura articolare fisiologicamente attiva il più possibile (secondo le possibilità fisiologiche della persona) in modo da garantire autonomia al movimento e poter disporre di una capacità ad eseguire esercizi di difficoltà crescente.
  8. In caso di terapia oncologica (soprattutto chemioterapia) ricordarsi che la frequenza cardiaca può variare notevolmente ed occorre rimodulare i parametri di esercizio sulla base di una misurazione di tale frequenza.
  9. Mantenere il più possibile il tono muscolare e, conseguentemente, strutturare un programma di potenziamento connesso alle necessità della persona.
  10. Fondamentale è proporre, a termine della seduta AFAO, una sezione dedicata all’allungamento muscolare (stretching) od esercizi per il pavimento pelvico in caso di chirurgia al bacino (ovviamente dopo consulto medico) che precedano una sorta di defaticamento (cool-down).

Nel pianificare un lavoro di tipo AFAO, data la gradualità del carico e la concentrazione sul respiro, è consigliabile inserire tecniche mutate da discipline di carattere orientale come Qigong o Taijiquan, onde permettere un maggior interessamento fisiologico di più distretti ed un maggior controllo neuromotorio (Maindet, Burnod, Minello et al., 2019); l’inserimento di tali tecniche implica la loro buona conoscenza da parte dell’insegnante e non è richiesta improvvisazione alcuna.

Queste brevi linee guida possono rendere un programma AFAO molto efficiente e di sicuro supporto alla persona che combatte il tumore, donando più “autonomia motoria” e cercando di supportare il raggiungimento di una maggiore qualità di vita.

 

Riferimenti bibliografici

 

  • Auxter D, Pyfer J, Zittel L. and Roth, K, 2010, “Principles and Methods of Adapted Physical Education and Recreation”, New York, NY: McGraw-Hill.
  • Block M, 2016, “A Teacher's Guide to Adapted Physical Education”, Baltimore, Maryland: Paul H. Brookes Publishing Co.
  • Brown CE and Mackall CL, 2019, “CAR T cell therapy: inroads to response and resistance”, Nat Rev Immunol;19:73–4.
  • Cavalheri V, Burtin C, Formico VR, Nonoyama ML, Jenkins S, Spruit MA and Hill K, 2019, “Exercise training undertaken by people within 12 months of lung resection for non-small cell lung cancer”, Cochrane Database Syst Rev, Jun 17;6:CD009955. doi: 10.1002/14651858.CD009955.pub3
  • Fesnak AD, June CH and Levine BL, 2016, “Engineered T cells: the promise and challenges of cancer immunotherapy”, Nat Rev Cancer;16:566–81
  • Kirkham AA, Bland KA, Wollmann H, Bonsignore A, McKenzie DC, Van Patten C, Gelmon KA and Campbell K, 2019, “Maintenance of Fitness and Quality-of-Life Benefits from Supervised Exercise Offered as Supportive Care for Breast Cancer”, J Natl Compr Canc Netw. Jun 1;17(6):695-702. doi: 10.6004/jnccn.2018.7276.
  • Jones WL and Dewhrist M, 2014, “Therapeutic Properties of Aerobic Training After a Cancer Diagnosis: More Than a One-Trick Pony ?”, JNCI: Journal of the National Cancer Institute, Volume 106, Issue 4, April 2014, dju042, https://doi.org/10.1093/jnci/dju042
  • Maddocks M and Granger CL, 2018, “Measurement of physical activity in clinical practice and research: advances in cancer and chronic respiratory disease”, Curr Opin Support Palliat Care, Sep;12(3):219-226
  • Maindet C, Burnod A, Minello C, George B, Allano G and Lemaire A, 2019, “Strategies of complementary and integrative therapies in cancer-related pain-attaining exhaustive cancer pain management”, Support Care Cancer. May 11. doi: 10.1007/s00520-019-04829-7
  • Santa Mina D, Au D, Auger LE, Alibhai SMH, Matthew AG, Sabiston CM, Oh P, Ritvo PG, Chang EB and Jones JM, 2019, “Development, implementation, and effects of a cancer center's exercise-oncology program”, Cancer, Jun 17. doi: 10.1002/cncr.32297
  • Zhang X, Ashcraft KA, Betof Warner A, Nair SK and Dewhirst MW, 2019, “Can Exercise-Induced Modulation of the Tumor Physiologic Microenvironment Improve Antitumor Immunity ?”, Cancer Res. May 15;79(10):2447-2456. doi: 10.1158/0008-5472.CAN-18-2468

 

                                                                                             _________________

 

IL RELEASE MIO-FASCIALE a cura del Dott.Emilio Pesce Chinesiologo

2019-10-03

 

IL RELEASE MIO-FASCIALE a cura del Dott.Emilio Pesce Chinesiologo

Hai finalmente capito l’importanza e la bellezza di allenarti, hai trovato lo sport più adatto a te e i tempi in cui oziavi sul divano sono solo un lontano ricordo. L’esercizio fisico ti ha fatto sviluppare verso di esso una sorta di dipendenza psicologica, la più sana dipendenza del mondo!
Proprio in questo contesto paradisiaco può succedere di incorrere in un infortunio! Ti casca il mondo addosso al solo pensiero di dover star fermo per qualche giorno, figuriamoci se lo stop sarebbe di settimane o mesi.
Prima di passare a spiegarti in che modo puoi recuperare, è bene focalizzarsi un minimo sulla tipologia degli infortuni a cui puoi incorrere.
Innanzitutto va fatta una prima distinzione tra infortunio macro-traumatico acuto e infortunio micro-traumatico ripetitivo: come è facilmente immaginabile, mentre il primo ci sorprende improvvisamente e violentemente, nel secondo caso siamo di fronte ad un problema che abbiamo imparato a conoscere, più lieve ma comunque così rognoso da costringerci spesso a cessare l’attività.
In generale tra gli infortuni sportivi ci sono:
- distorsioni legamentose
- fratture ossee
- danno cartilagineo
- lesioni muscolo-tendinee
- lesioni del tessuto nervoso
- alterazioni muscolo scheletriche (lussazioni, sub-lussazioni, borsiti, dolori muscolari…)
Per accelerare, ma con qualità, il processo di guarigione dagli infortuni, ci vengono in soccorso le tecniche di realese mio-fasciale (o rilascio mio fasciale per dirlo totalmente in italiano).
“Mio” in greco significa muscolo. Per “sistema mio-fasciale si intende, a livello anatomico e funzionale, la fascia connettivale più i muscoli. La fascia connettivale è l’insieme dei tessuti di origine masodermica, quali tendini, legamenti, capsule, guaine, apeneurosi, periostio, perimisio, peritoneo, pleura e pericardio.
Il “rilascio mio-fasciale” è il risultato di un insieme di tecniche di massaggio che usano la pressione sul corpo per curare, alleviare o eliminare il dolore. Si può usare, in tal senso, un foam roller (rullo).
L’effetto principale di queste tecniche non è meccanico, bensì neurologico!
Con una pressione profonda si attivano dei meccanocettori intra-fasciali che, se le tensioni di fascia e muscolo sono eccessive, inviano un segnale al sistema nervoso centrale, obbligandolo a rilassare un determinato gruppo di unità motorie, spegnendo così una iperattivazione. Come conseguenza il muscolo si rilascia.
In altre parole la postura scorretta, un trauma fisico, una malattia e lo stress emozionale possono portare a contrazioni di parti dell’intricata rete mio-fasciale, dunque c’è bisogno di decontrarre la zona con una tecnica specifica per alleviare il dolore.
Sono 4 le principali tecniche di release:
- COMPRESSIONE: una parte del corpo viene posizionata al di sopra dello strumento per il release
- ROLLING: è la tecnica più conosciuta ed utilizzata, con la quale si provoca uno scorrimento del rullo contemporaneamente sul suolo e sul tessuto del soggetto da “guarire”
- FRIZIONAMENTO: il rullo rimane fermo e sono i tessuti ad essere mobilizzati rispetto al rullo stesso
- AZIONE MUSCOLARE: si usa per massimizzare la tecnica del release, eseguendo delle contrazioni attive del distretto muscolare interessato; così si facilita lo sliding della fascia profonda rispetto alla superficiale
Il processo di guarigione segue un ciclo ben definito che va rispettato ed è condizionato da diversi fattori:
- capacità proliferativa delle cellule del tessuto compromesso
- gravità ed estensione del danno
- caratteristiche del soggetto (fattori intrinseci, estrinseci e iatrogeni)
Il processo di guarigione si divide in 3 fasi, che in parte si sovrappongono tra loro:
- fase infiammatoria (primi 5 giorni)
- fase proliferativa (dal 3° al 24° giorno)
- fase di maturazione o rimodellamento (dal 6°-10° giorno al 12°-24° mese)
Proprio durante queste tre fasi è indispensabile rivolgersi ad un personal coach, che si trasforma in un personal myofascial release, in grado di seguire il soggetto con infortunio e di agire nel modo corretto in ogni specifico momento del processo di guarigione.

  
                                                                     
 
 
                                                                                            _________________

 

STABILIZZAZIONE LOMBOPELVICA - LIDIA MAZZOLA, LETIZIA FEDELE.

2019-09-25

 

Lidia Mazzola Chinesiologo UNC, CTF a Norma Tecnica UNI11475
Letizia Fedele Chinesiologo UNC, CTF a Norma Tecnica UNI11475

Per visionare la relazione clicca qui

                                                                                   _________________


"PELVIC TONING" TONIFICHIAMO IL PAVIMETO PELVICO.

2019-09-25

 

"PELVIC TONING" TONIFICHIAMO IL PAVIMETO PELVICO.

Lidia Mazzola Chinesiologo UNC n°6502 N.T.Uni11475 Presidente Provinciale UNC Palermo Esperto formatore UNC

Per visionare la relazione clicca qui.

 

                                                                                        _________________

 

L'APPROCCIO ECOLOGICO NELLA GINNASTICA POSTURALE.

2019-09-25

 

L'APPROCCIO ECOLOGICO NELLA GINNASTICA POSTURALE.

Lidia Mazzola Chinesiologo UNC n°6502 N.T.Uni11475 Presidente Provinciale UNC Palermo Esperto formatore UNC

Per visionare la relazione clicca qui

 

                                                                                          _________________

 

Chinesiologia dello psoas Palermo 12 ottobre 2013 Relatori:Lidia Mazzola Letizia Fedele

2019-09-25

 

Unione Nazionale Chinesiologi Sede Provinciale di Palermo

Chinesiologia dello psoas Palermo 12 ottobre 2013 Relatori:Lidia Mazzola Letizia Fedele

Per visionare la relazione clicca qui

 
                                                                                                _________________

"I DOMS E LA LORO NETTA DISTINZIONE DALL’ACIDO LATTICO" a cura del Dott. Emilio Pesce Chinesiologo

2019-09-17

 

Uno sportivo poco informato parla così spesso di acido lattico, da finire per parlarne anche quando non è la causa del suo disagio fisico.
Urge dunque fare chiarezza, attraverso una distinzione fondamentale.
L’affaticamento muscolare che si prova durante un esercizio fisico (costringendo in alcuni casi ad interromperlo) o subito dopo, dovuto appunto ad accumulo di acido lattico, nulla ha a che fare con l’”indolenzimento muscolare a insorgenza ritardata” che può manifestarsi alcune ore dopo lo sforzo e che in modo abbreviato è definito DOMS, “Delayed Onset Muscle Soreness”.
I DOMS rappresentano la risposta del corpo sottoposto ad un allenamento o ad uno sforzo inabituale.
Essi si manifestano 12-24 ore dopo un esercizio fisico e la loro intensità raggiunge il picco massimo tra le 48 e le 72 ore dopo lo stesso esercizio, ma essi possono influenzare negativamente i successivi allenamenti fino a 10 giorni dopo.
I DOMS possono insorgere quando si svolgono attività intense e/o prolungate che causano contrazioni eccentriche nei cosiddetti muscoli antigravitari, con conseguente danno di fibre muscolari e/o tessuto connettivo.
La corsa in discesa rappresenta una delle attività maggiormente indiziate a causare DOMS, mentre l’acido lattico è pressoché scongiurato in questo caso, in quanto si rimane al di sotto della soglia anaerobica.
Al contrario una corsa in salita può essere la causa del più conosciuto acido lattico.
I DOMS portano (tra i vari sintomi) principalmente indolenzimento, gonfiore e rigidità muscolare e, nell’arco temporale in cui “agiscono”, il muscolo interessato ha meno capacità di produrre forza, ma nonostante il danno, essi vanno visti anche con un’accezione positiva: il muscolo vive una fase di adattamento e di rigenerazione e si va verso il rimodellamento della massa muscolare.
I DOMS variano in base al tipo di attività svolta, al tipo di contrazione muscolare, all’intensità dello sforzo, alla sua durata e alla variabilità.
Un personal trainer molto preparato è in grado di elencare le cause più dettagliate, usando un gergo di settore che in questa sede evitiamo di usare. Queste cause si possono comunque ricondurre ad uno stress meccanico e ad uno stress metabolico.
Inoltre un professionista delle scienze motorie sa come far allenare il proprio assistito in caso di DOMS, sempre in linea con le esigenze personali dell’atleta.
 
                                                                                _________________

LA NEUROBICA a cura del Dott. Emilio Pesce Chinesiologo.

2019-09-09

 

Siete sicuri che state allenando proprio tutti i muscoli più importanti del vostro corpo?
Se tra essi non mettete il cervello probabilmente non conoscete la NEUROBICA!
Si tratta di una vera e propria ginnastica per la mente, ideata dal fisiologo americano Katz, fondendo tra loro i termini “neuroni” e “aerobica” e consiste in specifici esercizi che stimolano l’attività cerebrale e contribuiscono a conservare le capacità di memoria a breve e a lungo termine anche in età avanzata.
Sì perché come è possibile, tramite un corretto stile di vita, far sì che l’età biologica differisca da quella cronologica, è stato dimostrato che è altresì possibile avere un’età mentale meno avanzata di quella cronologica.
La freschezza della propria mente non dipende dal numero di neuroni vivi che abbiamo nel nostro cervello, ma è direttamente proporzionale al livello di ramificazione dei dendriti.
Di cosa si tratta? Sono fibre minori che si ramificano a partire da ogni neurone e che trasportano il segnale nervoso verso il corpo cellulare del neurone stesso.
Una loro maggiore ramificazione rende i dendriti stessi più resistenti all’invecchiamento e di conseguenza permette la generazione di più sinapsi, vale a dire i passaggi degli stimoli nervosi da un neurone all’altro.
Tutto ciò è possibile attraverso gli stimoli derivanti dall’apprendimento, che dunque deve essere alimentato e rinnovato, per non incorrere in un vero e proprio declino mentale.
L’allenamento fisico di per sé già rappresenta un’ottima base di partenza, grazie alla maggiore ossigenazione che garantisce al cervello, ma si può fare di più, con altre tecniche di allenamento cerebrale quali:

• rendere le proprie giornate diverse l’una dall’altre e non essere troppo abitudinari.

• interessarsi di cose nuove.

• stimolare la memoria provando a ricordare numeri di telefono, mail, targhe, ecc.

• fare calcoli a mente.

• giocare a giochi di strategia o affrontare argomenti in cui si possano formulare ipotesi.

• fare associazioni polisensoriali.

E’ bene anche non trascurare le ore di sonno (circa 8 ore), una sana alimentazione e non dedicare troppo tempo ad attività passive come il guardare la televisione.
Insomma non ci resta che prenderci cura anche del nostro cervello, per avere una mente giovane per sempre!
  

 
                                                                                     _________________

“Meccanica del colpo di frusta cervicale e intervento chinesiologico adattato” Prof. Antonino

2019-09-09

 

Meccanica del colpo di frusta cervicale e intervento chinesiologico  adattato”

Prof. Antonino Cosentino

Chinesiologo UNC n° iscr. 2058 “CTF Norma Tecnica UNI 11475”

 Le lesioni causate dal colpo di frusta dopo esiti di incidente con le dovute sintomatologie dolorose e i blocchi articolari, costituiscono un problema sociale molto diffuso, con costi considerevoli sia per le compagnie di assicurazione che per le istituzioni sanitarie.  Nonostante gli studi e le ricerche per prevenire le complicanze e i traumi dovuti all’impatto, vedi obbligatorietà delle cinture di sicurezza, macchine più sicure, molto resta ancora da fare. Anche dal punto di vista clinico si è fatto tantissimo, basti  pensare che in fase acuta, fino a qualche tempo fa bisognava solo immobilizzare  il soggetto e seguire i protocolli farmacologici specifici  prescritti dal medico,  oggi si pensa di iniziare quasi da subito e con molta  cautela un protocollo chinesioIogico adattato.

ll termine colpo di frusta fu introdotto da H. Crowe nel 1928 (da GSS) per indicare un meccanismo distorsivo della colonna cervicale provocato da improvvisa accelerazione-decelerazione del tronco rispetto al capo e consistente in una repentina e violenta iperestensione del collo e della testa seguita da un movimento di ritorno in flessione. Successivamente la terminologia è stata rivisitata dal gruppo di ricerca Quebec Task Force del Canada che definisce la patologia, causata da impatto posteriore o laterale o da tuffi o traumi contusivi da caduta, come un meccanismo di accelerazione-decelerazione con trasferimento di energia al   collo   .  L’impatto può determinare lesioni osteo-articolari o dei tessuti molli che a loro volta possono provocare altri disturbi associati al sintomo principale, quali dolori e contratture muscolari, mal di testa e a volte sintomatologia vertiginosa.

MECCANICA DEL COLPO DI FRUSTA:

            Molti studiosi hanno cercato di capire il meccanismo del colpo di frusta simulando con dei modelli meccanici per comprendere la risposta cinematica del capo e del collo durante l’impatto.

Abbiamo sintetizzato la dinamica del colpo di frusta che si manifesta in due tempi: Primo tempo che corrisponde all’impatto, nel caso di uno scontro automobilistico come il tamponamento, nel quale la parte bassa del tronco subisce una forte spinta in avanti con conseguente proiezione del capo posteriormente in iperestensione. In una seconda fase il capo viene proiettato anteriormente in iperflessione non appena la parte bassa del tronco frena la sua corsa .

La prima risposta adattativa a questo evento traumatico è sicuramente muscolare. La muscolatura che nella sua normalità stabilizza la testa e ne regge il suo peso , durante l’impatto traumatico, non viene reclutata immediatamente, pertanto la sua funzione stabilizzatrice non si manifesta. Avviene che durante il movimento di iperestensione la muscolatura anteriore del collo subisce un brusco e violento allungamento con conseguente trauma lesivo sulle fibre muscolari stesse. Appena la fase di decelerazione viene a ridursi e il capo si proietta in iperflessione anteriore la muscolatura anteriore, per effetto del riflesso di  stiramento, si contrae bruscamente. La conseguente postura del collo sarà perdita della curva fisiologica con appiattimento della lordosi cervicale .

Il colpo di frusta oltre a compromettere la funzione di alcuni organi costituisce il caso forse più evidente di cattiva integrazione di informazioni in quanto il sistema propriocettivo sensitivo per causa degli spasmi muscolari viene alterato nella sua funzione. Pare che il sistema vestibolare riceva informazioni distolte dagli organi recettoriali sensitivi posti nei muscoli,  nelle articolazioni e nei legamenti della regione cervico-dorsale.

Johnsson e coll.(da GSS) hanno ipotizzato che un aumento della sensibilità dei fusi neuro-muscolari può influenzare il sistema propriocettivo sensitivo e indurlo a segnalazioni errate. Gli stessi autori hanno ancora ipotizzato nel legame fra Motoneurone Gamma e fuso Neuro Muscolare (organi nervosi responsabili delle attività muscolari) la possibile causa  di una trasmissione errata di segnali che possa causare un adattamento del sistema propriocettivo a un riflesso di stiramento compromesso, aumentando di conseguenza la rigidità muscolare. Questo potrebbe giustificare il raddrizzamento antalgico della lordosi cervicale.

 PARTI COINVOLTE NEL COLPO DIFRUSTA.

 Nel trauma contusivo del colpo di frusta vengono coinvolte le seguenti parti:

  • Il sistema stomatognatico, con particolare interessamento del cranio e della mandibola
  • La postura, attraverso il sistema propriocettivo.
  • Il sistema visivo, attraverso i muscoli oculo-motori
  • Il sistema emotivo e psicologico.
  • Il sistema osteo-muscolo-articolare

 L’intervento chinesiologico adattato e compensativo nella fase acuta mira a ridare al soggetto un minimo di rilassamento di tutte le componenti molli che in risposta  all’evento traumatico  hanno aumentato il loro tono con conseguente rigidità della motilità vertebrale specifica e blocchi dolorosi antalgici.

Molti medici consigliano di iniziare un intervento motorio adattato già dopo la prima settimana dal trauma .

Le tecniche chinesiologiche adattate che normalmente utilizziamo,  iniziano sempre con esercizi di respirazione in scarico gravitazionale in modo da detendere i muscoli del collo e si completa allo stesso modo, in modo da far sentire il soggetto perfettamente a suo agio e senza tensioni muscolari.

Per le prime settimane, proponiamo esercizi di sblocco articolare utilizzando movimenti degli occhi, lingua, mandibola ed esercizi per la mobilita’ cervicale in flex ed estx tramite movimenti a distanza coinvolgendo il bacino. Questi esercizi risultano molto tollerati dal soggetto in quanto non applicati direttamente sul tratto cervicale, ma, nel primo caso utilizziamo i muscoli oculari e della lingua e la loro relativa innervazione per creare delle micro mobilizzazioni cervicali, mentre nel secondo caso, mobilizziamo a distanza mediante i movimenti pelvici. Nelle settimane successive inseriamo esercizi di allungamento muscolare ed esercizi propriocettivi  per meglio stimolare ed attivare le strutture sensitive  del collo situate nelle articolazione, nei muscoli e nei legamenti che a causa del trauma non lavoro in modo ottimale . Completiamo il nostro lavoro con  esercizi di rafforzamento della muscolatura   laterale, anteriore, posteriore del collo, esercizi di mobilizzazione delle spalle e  semplice  attivita’ aerobica.

Riteniamo che un’immobilità troppo prolungata del collo potrebbe portare rallentamenti  alla ripresa funzionale del soggetto, ma  con le dovute cautele e con scelte responsabili nel trattamento chinesiologico adattato, possiamo favorire e dare al    soggetto la possibilità di un recupero più veloce .

Prof. Antonino Cosentino